Tecniche e accessori per la pesca a drifting

Abbiamo già visto i fondamentali della pesca a bolentino, abbiamo scoperto gli accessori per il vertical jigging, abbiamo imparato i trucchi della traina alla spigola. E oggi? E oggi vogliamo fare il salto di qualità, anzi, di peso: oggi parleremo infatti delle tecniche e degli accessori per la pesca a drifting, di un tipo di pesca, quindi, che punta a prede decisamente grandi. Si tratta di un insieme di tecniche che abbisognano di strumenti, di competenze e di gesti del tutto speciali: il drifting, insomma, non si improvvisa. Non tutte le barche possono essere usate per pescare a difting e, in ogni caso, è necessario essere muniti di accessori per ‘la caccia grossa’, il cosiddetto ‘big game’.

Pesca a drifting: cos’è

Cos’è la pesca a drifting? Quali sono, insomma, i punti fondamentali che contraddistinguono questo insieme di tecniche di pesca dalle altre? Ebbene, quasi sicuramente avrai già letto da qualche parte che la vera e unica costante del drifting è quella di avere una barca in deriva, non ancorata, libera quindi di muoversi seguendo vento e correnti. In realtà va sottolineato che spesso si definisce drifting anche la pesca con barca ancorata, purché la preda sia una di quelle elettive del drifting. Altra particolarità che può aiutare a distinguere queste tecniche dalle altre è la pasturazione, la quale è praticamente continua: dalla barca si procede infatti con il “brumeggio”, e quindi con la creazione di una “strisciata” di pastura, quasi sempre a base di sarda – tra l’altro è proprio la sarda l’esca tipica della pesca a drifting. E ancora, la pesca a drifting si distingue anche per le tipologie di pesci insidiati: si parla quindi del pesce spada, dei tonni alletterati ma soprattutto del mitico tonno rosso, gigante dei nostri mari che fa gola a tanti pescatori sportivi, avidi di fare qualche fantastica foto prima di ributtare in mare questo magnifico animale.

In Italia la pesca a drifting è stata introdotta negli anni Settanta: pioniere tra i pionieri fu il bolognese Adamo Benfanti, che iniziò a pescare a largo della foce del Po: da quel momento in poi fu un vero boom.

Il tonno rosso, due parole

Preda principale della pesca a drifting è, come detto, il tonno rosso. Si tratta di pesci tutto fuorché piccoli, che si aggirano in media tra i 50 chilogrammi e i 100 chilogrammi. E se nel Tirreno non si raggiungono dimensioni enormi, il discorso cambia nell’Adriatico, dove non è del tutto raro imbattersi in tonni rossi che pesano più di due quintali. Già da queste cifre si capisce quindi che la pesca a drifting non è come le altre: qui c’è bisogno di strumenti speciali, a partire da canne, mulinelli e lenze. Un tempo il tonno rosso era considerato il re del Mediterraneo: la pesca intensiva che è stata fatta negli ultimi decenni ha però minacciato pericolosamente la specie. Per questo sono state promulgate delle leggi restrittive, le quali, andando a disciplinare la pesca nonché il tempo in cui si può tenere la specie a bordo, hanno permesso di evitare il peggio. Per questo, di fatto, per i pescatori sportivi c’è la possibilità di poter contare su un buon numero di tonni rossi, i quali anzi sembrano in leggero aumento in determinate zone.

Le regole per la pesca del tonno rosso

Sapendo che molte persone interessate alla pesca a drifting accarezzano l’idea di insidiare il tonno rosso, aggiungiamo alcune righe dedicate alle regole specifiche della pesca al tonno rosso. Va detto infatti che ogni anno la pesca a questo particolare esemplare apre il 16 giugno per concludersi il 14 ottobre, con entrambe le date estreme incluse. Attenzione, però: non bisogna tenere in considerazione solo le date. Va infatti detto che ogni Paese ha di volta in volta una propria quota tonno, e che nel caso dell’Italia questa viene divisa tra i vari sistemi. Questo significa che ogni anno alla pesca sportiva e ricreativa può essere assegnata una quota differente, ovvero un diverso numero di tonnellate. Nel momento in cui la quota viene raggiunta, di solito già entro luglio, è possibile pescare solo con catch and release, per proteggere questo pesce. Va peraltro aggiunto che per darsi alla pesca del tonno rosso è necessario richiedere gratuitamente l’autorizzazione della propria Capitaneria di porto, autorizzazione che viene fatta a nome della barca, e non del pescatore singolo. E ancora: in ogni caso il tonno rosso deve pesare almeno 30 chilogrammi, o essere di almeno 115 centimetri.

Non bisogna però pensare che il tonno rosso possa essere insidiato solamente con il drifting: questo pesce può essere preso in considerazione anche attraverso la traina d’altura e la pesca a spinning, detta anche popping o spinning pesante. Non ci sono però dubbi: per le sue stesse caratteristiche, la pesca a drifting è quella che dà maggiori probabilità di successo, ed è quindi qui che il pescatore di tonni wannabe dovrebbe guardare.

Il tipo di barca per la pesca a drifting

Prima di passare all’analisi delle tecniche e degli accessori per la pesca a drifting, soffermiamoci sulla barca. Partendo dal presupposto ovvio per cui il drifting non può essere fatto in altri posti all’infuori della barca, è bene cercare di capire quale imbarcazione deve essere usata per queste tecniche. Ebbene, già al livello della scelta della barca si può affermare che no, il drifting non è alla portata di tutti. Serve infatti una un fischerman, una barca con caratteristiche d’altura, che possano navigare con sicurezza in mare aperto: la pesca a drifting, insomma, non si fa con il gommoncino della domenica, eccetto qualche gommone ideato per la pesca sportiva. Certo, non esistono delle regole fisse, ma è davvero improbabile poter pescare a meno di 6 o 8 miglia dal porto di partenza: da qui si capisce che è bene avere una barca solida, abbastanza veloce, attrezzata di ecoscandaglio e di GPS nautico. Sei alla ricerca del tuo fisherman ideale? Leggi la nostra guida alla scelta della barca da pesca!

La tecnica della pesca a drifting

Come vedremo tra poco, ci sono due principali tipologie di pesca a drifting, da seduti oppure in piedi. Gli accorgimenti di base sono però i medesimi. Punto fondamentale è, come abbiamo visto, la pasturazione, a base di sardine, ma anche per esempio di alici. Una volta arrivati al posto prestabilito, è possibile calare le lenze: è bene sottolineare che da quel punto in poi, in qualsiasi momento, il pesce – il tonno – potrebbe abboccare e iniziare a tirare. Vietato quindi girare la lenza intorno al palmo della mano, gesto pericolosissimo, o lasciare completamente la frizione del mulinello aperta, per non rischiare di ritrovarsi con una grandiosa parrucca. Dopo una decina di metri di finale, va calata la lenza madre, provvista di una zavorra. Nel momento in cui si raggiunge la profondità voluta, è bene applicare un galleggiante, così da avere un’idea del posizionamento dell’esca rispetto alla pastura calante verso il fondo. In genere per la pesca a drifting si utilizzano più canne contemporaneamente, dalle 3 in su: si comincia usualmente da quella più profonda e lontana dalla barca, per poi avvicinarsi e calare lenze meno profonde.

Queste sono le regole basilari del drifting: vediamo ora le diverse declinazioni, nel caso in cui si decida di pescare da seduti oppure in piedi.

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Da seduti: sedia da combattimento e canna

Per molto tempo la tecnica da seduti è stata l’unica presa in considerazione per la pesca a drifting. Essa abbisogna, ovviamente, di una sedia apposita, ovvero di una sedia da combattimento. Ma quando il pescatore si siede? Solo nel momento della ferrata: da lì in poi, infatti, inizia il combattimento, il quale per dei pesciolini di 200 chilogrammi può prolungarsi anche per più di due o persino tre ore. Sedersi, insomma, non è una brutta idea, anzi. Nel momento in cui avviene la ferrata, il pescatore si siede alla sedia da combattimento, si aggancia a essa e infila la canna da pesca da drifting nell’apposito bicchiere posizionato sempre sulla sedia, tra le sue gambe. In questo modo gran parte della fatica viene passata alla ‘struttura’ della sedia, la quale deve essere molto solida e installata alla perfezione. Non è tutto qui: la canna da pesca, oltre a essere inserita nel bicchiere, è anche agganciata al giubbotto da combattimento del pesatore. Insomma, durante questa fase, pescatore, sedia e canna costituiscono un unico elemento, funzionale a non affaticare eccessivamente le braccia: nei momenti di quiete, infatti, diventa persino possibile lasciare la presa per qualche istante. La pesca a drifting da seduti richiede una canna da pesca speciale: si tratta di una lunga canna da sedia di misura compresa – in generale – tra i 2.20 metri e i 2.50 metri. Grazie a questa lunga leva e al punto di ancoraggio offerto dalla sedia da combattimento, è possibile ‘pompare’ con facilità e senza troppa fatica, potendo peraltro aiutarsi con il corpo – grazie al giubbotto da combattimento – oltre che con le braccia.

La canna da sedia deve essere per forza di cose lunga, per poter cambiare murata da seduti (a prua) a seconda dei movimenti del pesce. Solitamente si opta per canne in carbonio, resistenti e leggere, con passanti a carrucola doppia o singola e con libbraggi elevati come nel caso delle 50lb ed 80lb. Visto il peso delle prede, l’attacco del mulinello deve essere estremamente solido e stabile.

In piedi: tecnica stand up

Dopo tutto quello che abbiamo visto finora, potrebbe sembrare strano, eppure è proprio così: è possibile praticare la pesca a drifting anche in piedi, senza quindi usufruire di una sedia da combattimento, difatti l’utilizzo di canne stand-up per il drifting, ha sostituito negli ultimi anni, quasi del tutto, la concezione della pesca da seduto. Ma come si può pescare dei pesci così pesanti, come è possibile vincere tali combattimenti senza farsi strappare la canna da pesca dalle mani e senza farsi trascinare in mare? Ebbene, sono necessari i giusti strumenti da pesca, le sufficienti competenze e sì, anche una buona preparazione fisica. Quando si parla di pesci che possono oltrepassare comodamente i 100 chilogrammi di peso, infatti, si deve tenere conto di una potenza da non trascurare!

Anche in questo caso, il pescatore deve munirsi di giubbotto da combattimento, il quale in questo caso diventa davvero indispensabile. In realtà qui si parla più specificamente di una pancera da combattimento e di renale, così da assicurare al pescatore canna da pesca e mulinello: molti modelli sono impostati verso il basso, così da permettere al pescatore di poggiare il tutto sulle cosce, in modo da potersi aiutare anche con le gambe durante l’azione di pompaggio. Non c’è dubbio, e nessuno oserebbe mai dire il contrario: la tecnica stand up della pesca a drifting è molto più faticosa rispetto a quella vista qui sopra, e senza una buona prestanza fisica questa tecnica può diventare persino pericolosa.

Anche qui è doveroso avere una canna da pesca specifica. Si tratta di una canna più corta rispetto a quella ‘da sedia’, e quindi compresa tendenzialmente al di sotto dei due metri, tra i 170 e i 200 centimetri. Il motivo è duplice: non essendo seduti, non c’è bisogno di una lunghezza maggiore e, potendo contare su una canna corta, si ha maggiore leva a proprio vantaggio. Anche in questo caso servono passanti resistenti a carrucola singola o doppia; a maggior ragione, nella tecnica stand up si cerca la leggerezza, e quindi si premiano le canne da pesca in carbonio. Se per le canne da sedia l’azione ricercata è parabolica, per le canne da stand up si cerca un’azione di punta. Negli ultimi anni, si è visto un aumento di canne anellate a spirale, dette anche “Acid“, questo tipo di montaggio, ha permesso al pescatore di utilizzare fili trecciati di diametro notevolmente più ridotto rispetto al comune nylon, inoltre, questa spiralità ha aumentato la potenza di riserva all’attrezzo, che permette in fase di pompaggio, una leva nettamente superiore al classico montaggio con carrucole, ormai diventato un pò, démodé.

E per quanto riguarda la potenza delle canne da pesca? Ebbene, qui non dipende tanto dalla tecnica in sé, quanto invece dalle prede a mirino: chi si mette sulla pista di giganteschi tonni rossi non può scendere al di sotto delle 50-80 libbre, mentre chi si ‘accontenta’ dei tonni da branco può restare tra le 20, 30 e le 50 libbre.

Il mulinello per il drifting

Abbiamo visto come devono essere le canne da pesca per la pesca a drifting: vale la pena spendere due parole anche per i mulinelli da associare. Il tonno gigante ripete più volte la fuga, in modo potente, per tre, quattro, cinque, sei o persino sette volte: non ci si può certo stupire che servano mulinelli di tutto rispetto. Servono quindi mulinelli con una buona capienza, tendenzialmente con telaio monoblocco in acciaio o lega leggera, con frizione a leva per una regolazione più facile e fluida, funzione importante, in quanto la frizione deve obbligatoriamente assecondare in modo fluido le molteplici fughe che compie il tonno in fase di combattimento, onde evitare, spiacevoli rotture. Il mulinello può essere caricato sia con nylon che con dacron o multifibra, in base a obiettivi, abitudine, budget e canna utilizzata. L’utilizzo di mulinelli a doppia frizione o anche detti a doppia velocità invece, aiuteranno di gran lunga il recupero del tonno, soprattutto nella fase in cui il pesce si trova “alla picca” dell’imbarcazione, a questo punto l’utilizzo della velocità ridotta del mulinello, ci aiuta a portare a termine con il minimo sforzo, la nostra ambita cattura.

Una variante: il light drifting

Più complessa della pesca a traina ma sicuramente molto meno difficile e dispendiosa rispetto al drifting, la tecnica del ligth drifting è divertente e affascinante. In questo caso si utilizzano attrezzature leggere, che mirano alla cattura di pesci tutt’al più di qualche chilo o in alcuni casi fino ad oltre 10 chili. Si pratica lungo la costa, in estate, autunno e in inverno, anche con barche di dimensioni ridotte. Anche qui l’esca è sempre naturale: si parla ancora di sarde, quindi, e di alici. Esistono ovviamente delle canne da pesca realizzate appositamente per la pesca light drifting, ma va sottolineato anche che molti riutilizzano a questo scopo delle canne da bolentino o da spinning, riadattata ad hoc. Anche in questo caso, elemento fondamentale dell’azione di pesca è la pasturazione. Si potranno così catturare sugarelli, lampughe, tombarelli, palamite, lanzardi, sgombri, grossi alletterati e via dicendo.

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Scritto da
Nicola Andreatta
Nicola Andreatta
Copywriter dal 2014, trentino dal 1987. La passione per la nautica è nata sulla prua di una piccola barca a vela sfrecciante nel lago di Caldonazzo: da allora è continuata a crescere, insieme alla sempre presente voglia di imparare - e condividere - qualcosa di nuovo su questo affascinante mondo.

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