Ha tenuto tutti con il fiato sospeso per tre lunghi giorni.
E’ così che abbiamo conosciuto, anche in Italia, Abhilash Tomy, Comandante della Marina Indiana e velista iscritto alla Golden Globe Race, la regata celebrativa dei 50 anni dal primo giro del mondo in barca a vela, in solitario e senza scali, partita a luglio del 2018.
E’ il 21 settembre 2018 e Abhilash si trova in Oceano Indiano a bordo della sua barca Thuriya, un 32 piedi.
Una violenta tempesta si abbatte sulla sua rotta e la navigazione diventa impegnativa. Mentre tenta di governare al meglio Thuriya, ormai in balia del mare e del vento, una prima onda fa sdraiare la barca e un’altra lo fa scivolare lungo l’albero. Quando la barca torna in assetto Abhilash rimane impigliato con l’orologio in una cima, che attutisce la caduta in coperta, ma che gli provoca comunque una grave frattura alla schiena.
Rientrato sottocoperta, un’altra onda gira Thuriya di 360° facendolo disalberare.
Abhilash è gravemente ferito e i soccorsi impiegheranno due giorni per raggiungerlo, in una vera e propria corsa contro il tempo.
Subirà diverse operazioni alla schiena prima di poter tornare in piedi e camminare di nuovo.
Eppure, a chiedergli se ha mai avuto paura lui risponde di no, perché è abituato ad affrontare situazioni estreme, ma soprattutto perché la paura per lui non esiste.
Abihlash ha 39 anni ed in India è considerato uno dei velisti più importanti del paese. E’ infatti il primo indiano ad aver fatto il giro del mondo a vela in solitario nel 2013 ed ha ricevuto il Tenzing Norgay National Adventure Award, il Kirti Chakra per il valore e l’azione coraggiosa e la medaglia Mac Gregor, premi importantissimi in India tanto da essere considerato un eroe nazionale.
E’ stato quindi un vero piacere e un onore poterlo intervistare e parlare con lui, uomo cordiale e sempre sorridente.
Abhilash, grazie mille per il tuo tempo e benvenuto da tutti noi di HiNelson.
Quando hai iniziato a navigare?
Il piacere è tutto mio. Dunque, ho iniziato a navigare nel 1997, poco dopo il mio ingresso nell’Accademia Navale. Avevo 17 anni.
C’è un navigatore o un velista che ti ha ispirato e per il quale provi ammirazione?
In realtà ce ne sono tanti, ma ripensando a quando ho iniziato a navigare, la prima ad avermi ispirato è stata sicuramente Isabelle Autissieur.
Perché?
Era il 1999 e stavo seguendo la Around Alone, dove Isabelle Autissieur stava conducendo una bellissima regata. Poi ebbe l’incidente e fu salvata da Giovanni Soldini. Rimasi colpito dalla sua storia e dal modo in cui condusse la regata.
Cosa ti ha spinto a partecipare alla Golden Globe Race dopo il tuo primo giro del mondo in solitario del 2013?
Stavo cercando altre occasioni per tornare a navigare dopo la mia prima esperienza. La Golden Globe Race era una buona opportunità in termini di costi. Inoltre, ha aiutato il fatto che era una regata quindi un passo avanti, una prospettiva diversa, per tornare a navigare in solitario intorno al mondo.
Thuriya è una copia di Suhaili, la barca di Sir Robin Knox-Johnson con la quale vinse il Golden Globe nel 1969.
Si, esatto. È stata realizzata in una struttura epossidica con anima in legno. Il nucleo era fatto di cedro rosso. Abbiamo reperito la maggior parte degli accessori da tutto il mondo. Ad esempio, l’albero era Selden, le vele provenivano dai Paesi Bassi, ecc. La barca è stata costruita da Aquarius Shipyard a Goa – in India – e abbiamo avuto Johan Vels dall’Olanda come consulente.
Torniamo al tuo Golden Globe Race. Come si svolgeva la tua giornata?
Già dopo pochi giorni dalla partenza ero entrato in una piacevole routine. Solitamente iniziavo la giornata con un giro intorno alla barca alla ricerca di qualche lavoretto da fare, facevo colazione e mi concedevo un po’ di relax al sole, quando c’era ovviamente. Finivo altri lavori e prima di pranzare mi concedevo ancora qualche minuto al sole. Nel pomeriggio preparavo la barca per la notte. Ero a mio agio in mare e le mie giornate erano scandite da piccoli e piacevoli riti quotidiani.
Hai detto di non aver avuto mai paura durante le tempeste in oceano. Allora, cos’è la paura per te?
Si è vero, perché per me la paura non esiste, è qualcosa che crea la tua mente. Una volta capito questo, puoi decidere se lasciarti sopraffare dalla paura oppure no. Di solito, quando sono in mare, non c’è motivo di avere paura.
Cosa è successo a bordo della tua barca il 21 settembre?
Ci ha sorpreso una brutta tempesta in Oceano Indiano, che si è spostata sulla nostra rotta molto velocemente. Il mare era veramente ingestibile con onde oltre i 10 metri e la barca è stata colpita due volte. Alla seconda ondata sono stato catapultato sull’albero che era in acqua. Quando la barca si è raddrizzata io ero praticamente in testa d’albero e sono caduto sul boma. Mi sono fratturato la spina dorsale.
Deve essere stato terribile. Come hai gestito le difficoltà di quei tre giorni prima del tuo recupero?
In realtà non è stato un momento molto difficile da gestire. Sapevo che sarebbero arrivati i soccorsi e tutto quello che dovevo fare era restare in vita fino al loro arrivo. Mi sono assicurato alla cuccetta in modo da stare immobile il più possibile, perchè avevo capito che il danno alla schiena era importante, ed ero in continuo contatto con gli organizzatori della regata. Avevo del tè freddo che mi ha aiutato a non disidratarmi e ho cercato di tenere la mente lucida per evitare di entrare in un treno di pensieri negativi che avrebbero reso la situazione ingestibile. Monitoravo le mie condizioni fisiche e le comunicavo al medico ad ogni contatto via radio.
Qual è stata allora la tua vera forza?
Penso fosse tutto nella mia mente. Nella capacità di controllare quello che stava succedendo, con lucidità.
Sei diventato papà da qualche mese. Cosa racconterai al tuo bambino del mondo della vela, dell’Oceano e del navigare in solitario?
(Sorride) Non lo so, sicuramente gli racconterò della sensazione di libertà che si prova in mare. Spero diventi un navigatore. Sono sicuro comunque che diventerà un esploratore.
Tornerai presto a navigare da solo intorno al mondo?
Si, se troverò i soldi per farlo.
Continuo a parlare con Abhilash perché voglio capire di più sul suo modo di pensare, affascinante ed apparentemente così lontano dal mio. Mi racconta dell’origine del suo nome, che significa desiderio, e di quanto poco gli piacesse cucinare a bordo. Mi racconta del grande senso di libertà che prova a stare in mezzo all’oceano, tanto da farlo sorridere anche quando è in tempesta.
Poi capisco che tutto dipende dalla cultura in cui è cresciuto e dall’India, paese di grande spiritualità, dove si impara ad usare la mente come strumento di forza interiore e dove i sentimenti come la paura vanno ignorati in determinate situazioni, perché inutili. Dove la bellezza della natura e lo spirito della libertà accompagnano l’uomo verso quel contatto con una realtà che spesso, noi occidentali, tediamo a dimenticare.
La storia della regata Golden Globe Race.
Navigare intorno al mondo, alla vecchia maniera.
E’ questo che ha voluto rievocare la Golden Globe Race 2018 riportando tutto indietro di 50 anni, a quando si è scritta la storia dei navigatori solitari.
Era infatti il 1968 e il Sunday Time mise in palio 5000 sterline a colui che avesse concluso per primo il giro del mondo, in solitario e senza scalo: 30000 miglia passando per i principali capi, Buona Speranza, Leeuwin, Horn in Cile: la Sunday Time Golden Globe Race.
La notizia della Sunday Time Golden Globe Race fece il giro del mondo e i navigatori, stuzzicati da questa nuova frontiera da sperimentare, iniziarono i lavori in cantiere.
Alla partenza si riunirono 9 skipper.
La regata partì regolarmente ed iniziò la bellissima e drammatica storia della prima solitaria intorno al mondo della storia della vela “moderna”.
Due i suicidi; Donald Crowhust perse la ragione dopo aver capito che la sua barca non sarebbe stata in grado di affrontare i mari del sud per problemi strutturali. Per partecipare aveva addirittura ipotecato la casa dove viveva sua moglie e suoi quattro figli.
Su una barca gemella a quella di Crowhust c’era anche Nigel Tetley che a soli mille miglia dall’arrivo naufragò. Tetley si tolse la vita qualche tempo più tardi perché non riusciva a rassegnarsi di quel ritiro e di una vittoria sfiorata per pochissimo.
Bernard Moitisser partirà a bordo di Joshua (in onore ad un altro mito della vela Joshua Slocum). Era uno dei favoriti, ma ad un certo punto lancerà un messaggio ad una nave di passaggio comunicando di voler continuare a navigare verso sud, per salvarsi l’anima. La libertà aveva preso il sopravvento sulla competizione.
C’era anche un italiano, Alex Carozzo che però si fermò a Lisbona per un’ulcera allo stomaco.
Arriverà sulla linea del traguardo, dopo 313 giorni di navigazione, solo uno skipper: Sir Robin Knox-Johnston a bordo di Suhaili. Entrerà trionfante, e stupito (pensava di essere ultimo), nella storia della vela oceanica.
Dopo 50 anni, il mito è tornato.
Il 1° Luglio 2018, da una cittadina francese affacciata sull’Atlantico chiamata Les Sables D’Olone, sono partiti gli skipper iscritti alla Golden Globe Race 2018 a bordo di barche di “vecchia generazione”, senza nessuna tecnologia, senza internet, senza social, e solo con quelle che erano le dotazioni del 1968.
A vincere sarà un vecchio lupo di mare, Jean-Luc van den Heed navigatore francese di 73 anni, con alle spalle ben 5 giri del mondo in solitaria.
Per concludere il giro del mondo e salire sul podio della Golden Globe Race ha impiegato, a bordo del suo Rustler 36, 211 giorni, 23 ore e 12 minuti, 102 giorni in meno di Sir Robin Knox-Johnston.