Chiacchiere in banchina con Marco Valentini

La banchina di un porto è spesso un megafono di storie di inverosimili navigazioni, surfate oltre i 15 nodi, salvataggi epici, avvistamenti surreali e regate vinte con onore.

Poi ci sono le storie vere.

Un profumo pungente di sigaro toscano avvolge il pontile ed annuncia l’arrivo di Marco Valentini, armatore del Velenosa, un bellissimo Rimar 36.

Con piccoli passi veloci ma decisi, come se fosse perennemente in ritardo, scende il pontile del Marina di Rimini, con quell’espressione che fa capire che è appena entrato nel suo ambiente naturale. Una metamorfosi che ogni armatore vive avvicinandosi alla sua barca, togliendosi finalmente il mantello pesante della quotidianità per indossare la camicia leggera della libertà.

Marco Valentini vive a Faenza ed è un medico, reumatologo per la precisione, e ama definirsi prima di tutto un marinaio.

“Perché andare in mare è una cosa complessa e diventare marinaio è un percorso che richiede tempo. Ed ha un significato più profondo e completo di semplice velista.”

Nato e cresciuto a Pescara, il suo primo ricordo del mare è di quando, con sua madre, scendeva in spiaggia, ma il primo vero “bagno” di vento e di vela è in Francia, all’età di quattordici anni. In vacanza con la famiglia, insieme al fratello più grande noleggia una deriva, un Vaurien.

E’ amore a prima vista, quasi una folgorazione, e quelle sensazioni, quei rumori del vento sulle vele e dell’acqua sullo scafo rimasero nella sua mente come una litania ipnotica.

Tornato a casa, suo fratello acquista una deriva, uno Strale, ed è così che inizia la sua avventura di marinaio che lo ha portato, oggi, ad avere una vera e propria flotta di imbarcazioni.

Per soddisfare la parte agonistica e per quella ricerca di adrenalina pura, Marco è l’armatore di uno skiff.

“E’ una deriva molto tecnica e richiede impegno. E’ il vero sport della vela.”

Poi c’è l’eleganza di un Beccaccino di legno con il quale si concede andature più tranquille nelle regate di barche storiche.

Sul trono però risplende lei, la sua unica e vera amante, il Velenosa, per gli amici Vele, compagna fedele per la navigazione d’altura con la quale ha condiviso tutto, dagli equipaggi, tra cui anche Pino Acquafredda oggi nel team di Luna Rossa, alle regate più importanti e blasonate, come al Roma X Tutti e la Middle Sea Race, fino alle crociere in Mediterraneo per il puro gusto di navigare.

“Il Velenosa è ciò che sono io, mi rappresenta in tutto e per tutto. Ormai non è più solo una barca, è una storia. La mia storia.”

L’IRONIA DELLA REALTA’

Quello che colpisce di Marco infatti è l’incredibile capacità di raccontare le sue avventure in mare. Non è, come spesso capita di ascoltare, il classico velista che legga il log con la lente di ingrandimento, aumentando per eccesso i nodi di VMG.

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Come quella volta durante la Roma X Due del 2008.

“Al giro di boa di Lipari per iniziare la risalita a Riva di Traiano, ci comunicarono che eravamo primi. Eravamo felicissimi. Ancora oggi mi emoziona ripensarci. Avevamo veramente dato tutto durante la notte e il risultato era arrivato. Ma il meteo annunciava l’arrivo di una burrasca di maestrale e molte barche avevano deciso di fermarsi per prendere fiato. Io e il mio co skipper ovviamente non ci siamo fermati, peccando forse un po’ di presunzione. La notte fu durissima. Basti pensare che a bordo del Velenosa avevamo due tangoni, uno di alluminio e uno di carbonio. La mattina dopo, con la luce, ero al timone e pensai: “Mamma mia che barca in ordine che abbiamo, non l’ho mai vista così.” Poi guardando meglio mi accorsi del perché; non c’era più il tangone di carbonio, il mare in burrasca aveva deciso di prendersi il più bello. Chiudemmo la regata con un bel terzo posto e un tangone in meno.”

Ma già nel 1999, il mare lo aveva messo a dura prova.

“Ero a bordo della mia precedente barca, e partecipavo alla regata La Duecento per Due, in Adriatico. Ci fu una vera e propria tempesta. Acqua nebulizzata, vento e mare quasi ingestibili per oltre 12 ore. Durante la notte vedevo a poppa una luce ad intermittenza e non capivo che barca potesse essere. Il giorno dopo mi accorsi che era la luce stroboscopica del salvagente anulare che si accendeva ogni volta che finivamo con le crocette in acqua. Vincemmo la regata in compensato, ma appena arrivati a terra andammo alla Chiesa di Santo Stefano a Venezia. Erano decenni che non mettevo piede in chiesa. Mi inginocchia e accesi due ceri. Poi chiamai, prima ancora di mia moglie, il ragazzo che mi aveva sistemato, poco prima di andare in regata, le lande che si erano delaminate e gli dissi solo una parola: grazie. Il giorno dopo scoprii che avevano fatto decollare degli aerei da ricognizione per monitorare le barche che erano ancora in navigazione. E’ stata l’unica volta in cui il mare mi ha fatto veramente paura.

Marco Valentini è capace di raccontare con una rara ironia, quasi ricreando sapori e sfumature dissacranti alla Bar Sport di Stefano Benni, rimanendo però sempre fedele alla realtà dei fatti.

“Perché non è necessario aumentare i nodi di vento per rendere straordinaria una navigazione, quello che la rende unica è come la si vive.”

 

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Scritto da
Laura Doria
Laura Doria
Mi chiamo Laura Doria e sono nata al mare, quindi raccontare storie ed incontrare i personaggi del mondo della nautica è qualcosa di naturale per me. Perché è sempre un grande privilegio scrivere della passione che punta la prua verso i grandi orizzonti blu.
  1. La più grande persona navigante che conosca.
    Ho il privilegio di farmi portare in mare da lui ed è sempre di una eleganza unica

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