Sui social racconta in modo molto semplice e senza filtri quello che è il suo vivere il mare a bordo di un Comet 910 plus, molto spesso da sola, mai senza il suo gatto Jingjok e sempre con il sorriso.
Lei è Marianna De Micheli, attrice di professione, che in un momento particolare ha preso il largo, diventando anche una velista.
Il mare lo ha scoperto dai racconti di alcuni navigatori, incontrati su un’isola della Thailandia, che le hanno acceso la curiosità verso quello strano modo di viaggiare e perché no, anche di vivere.
Ma il mare, che è stato anche la sua casa, le ha riservato tante sorprese che non aveva considerato e che ha raccontato in un libro, Centoboline Ed. Nutrimenti Mare.
Cosa ti piace di più del navigare in solitario?
Il fatto che quando navigo da sola non ho l’ansia da prestazione. Come tutti ho iniziato con un corso di vela, ma ero la più imbranata di tutti, ci ho messo due settimane solo per capire la differenza tra sottovento e sopravvento. Ti puoi immaginare come mi guardavano gli altri, ed in primis l’istruttore. Quindi avevo l’ansia di non capire, e anche quando capivo la manovra, poi sbagliavo tutto perché sentivo questi strani sguardi su di me. È allora che ho capito che navigando da sola non c’è nessuno che ti guarda, nessuno che ti giudica, ma soprattutto non c’è nessuno pronto a dire “eh, così non si fa” ancor prima di averlo fatto. Navigando in solitaria sono libera di sbagliare da sola, perché è proprio vero che sbagliando si impara, e mi piace questa condizione. Ancora oggi però quando sono a bordo di altre barche, non mi fanno fare certe manovre, forse perché sono donna, o perché sono bionda, e così non è divertente.
Quindi femminilità e barca a vela non vanno d’accordo?
Secondo me invece sono fatte l’una per l’altra, ma ci vorrà ancora molto tempo e qualche generazione perché lo si possa capire. La barca e il mare oggi sono anche vacanza e divertimento ma un tempo erano un luogo di lavoro e prerogativa degli uomini, le donne stavano a casa a cucinare e a fare figli. Anche se non amo dividere o classificare per genere, credo che la barca a vela sia totalmente femminile.
La tua barca si chiama MAIPENRAI cosa significa e perché questo nome?
MAIPENRAI è la parola simbolo della Thailandia e la traduzione migliore è legata all’espressione inglese Never Mind, che in italiano possiamo tradurre in “non c’è problema”, ma significa anche “prego”, “fregatene”. La Thailandia è un paese che amo e frequento da quando avevo 23 anni. Maipenrai quindi era perfetto per la mia barca, e anche il mio gatto si chiama Jingjok, che in thailandese significa geco.
Cosa non manca mai a bordo della tua barca?
Il cibo!!! Carboidrati, grassi e fritti e tutti gli ingredienti per cucinare thailandese.
C’è qualcosa che ti manca della vita a terra?
Se devo dire la verità, non c’è nulla che mi manchi. Tutti pensano che sia sacrificato e spartano vivere in barca perché costretti in un ambiente ristretto, ma è proprio questo “togliere” che rende tutto meravigliosamente più semplice. Sarà che sono molto pigra e in una casa c’è una porta chiusa che ti separa con il “fuori” e per uscire devi metterti le scarpe, prendere le chiavi e tutto il resto. In barca invece sei già fuori. Solo quando arriva l’inverno mi manca il riscaldamento, ma prima o poi lo metterò, anche perché sono molto freddolosa. A settembre quando tutti stanno in maglietta, io ho già abbigliamento tecnico, pile, giacca, sciarpa e cappello.
Grazie alla vela e al mare hai…?
Acquistato sicurezza, aumentato l’autostima che è pessima. Ho imparato che si può sbagliare, che è giusto sbagliare, ma soprattutto che non bisogna avere paura di sbagliare. Ho capito anche che non bisogna avere paura della solitudine perché si scoprono, dentro di sé, dei veri e propri giardini nascosti che non si immaginava neppure di avere. Per raggiungerli però non ci sono scorciatoie, è un percorso faticoso dove devi rompere un muro e devi farti anche male, ma poi è meraviglioso.
Spesso in barca si dice “ma chi me lo ha fatto fare”, tu hai mai pensato “ma perché non l’ho fatto prima”?
Sì, l’ho pensato anche se non è una cosa importante. Forse sarei arrivata prima a determinati traguardi personali e con me stessa, ma penso anche che sia capitato nel momento giusto. E’ andata così, come doveva andare.
Hai il mal di terra?
Assolutamente sì. Soprattutto dopo il mio primo giro d’Italia quando ho lasciato la barca a Trieste per un inverno intero, mi dispiaceva non essere a bordo.
Il palcoscenico e il pozzetto, quale dei due è più difficile da vivere?
Il pozzetto in solitario, aggiungerei; comunque entrambi ti mettono a nudo e sei costretto ad affrontare i tuoi fantasmi e le tue paure. Sul palcoscenico un attore è la fragilità fatta persona e ti parlo di attori veri, non quelli che lo fanno solo per diventare famosi. In pozzetto è la stessa cosa; è inutile raccontarsela e quando il mare si incazza, arrivi a fare cose che non avresti mai immaginato di fare. Ma soprattutto prendi coscienza di tante cose. Durante le mie navigazioni ho capito che davanti ai problemi mi abbatto e non combatto. Mi butto sul letto, inizio a piangere e mi dico che “è finita”. Poi mi sono trovata a dover affrontare lunghe navigazioni in solitaria con mare formato e vento molto forte e quando la stanchezza mi ha totalmente sopraffatto ho scoperto che non è vero che “è finita”, che non si muore e che basta andare avanti.
Quindi come cambia la prospettiva della propria vita, dopo aver vissuto tanto tempo in barca?
Come dicevo prima si prende coscienza di tante cose di sé stessi. Io però ho anche sviluppato tante intolleranze verso certi atteggiamenti e modi di essere di alcune persone che oggi trovo solo una perdita di tempo ed inutili.
Nel tuo libro Centoboline, dove racconti il primo giro d’Italia in barca, hai scritto “il vero coraggio non è affrontare il mare, ma la solitudine”, oggi è ancora così per te?
Oggi ho migliorato tanto il mio rapporto con la solitudine anche perché durante il mio primo giro d’Italia ero in una situazione psicologica molto pesante, mentre durante il secondo giro ho presentato il libro, quindi c’era una situazione completamente differente, ma è stata comunque una sorta di training. L’anno scorso invece per la prima volta non ho patito la solitudine, anzi ho cambiato il mio atteggiamento verso l’essere sola, non che non mi faccia più paura, ma non è più quella sensazione di panico. Io e la solitudine siamo quasi diventate amiche.
Marianna racconta con molta sincerità il suo modo di navigare che a volte può apparire fuori dagli schemi, ma che invece rappresenta autenticamente il suo essere donna, una bella donna, che naviga da sola con i suoi limiti, che domani però diventeranno dei traguardi. Se non piace, pazienza, se piace, “benvenuti a bordo”.
Complimenti ad ambedue, una bellissima intervista: semplice e profonda alli stesso tempo, come tutte le cose veramente importanti!
Grazie mille Alessandro.
Bella intervista, molto intima. Si è messa a nudo e si riesce ad apprezzare la sua capacità di trasformare le sue fragilità in risorse per affrontare i fantasmi della vita. Bella persona!
Abbiamo fatto questa intervista come se fosse una chiacchierata senza tanti filtri. Per conoscerci.
Bella… sincera. Conosco entrambe… ma non poi così tanto. Ci unisce però il web ..ma mai abbastanza 😉 A parte uno stile di vita. Perché se vai per mare …saidisale 😉 Spero a presto…