Quante volte navigando o facendo sport in mare, magari davanti ad un tramonto mozzafiato o alla veleggiata più emozionante ti sei mai chiesto: ma io, cosa posso fare per proteggere questa meraviglia?
Il mare mi da tutto: ossigeno, gioia, emozioni, adrenalina, è il mio parco giochi, ma io cosa posso fare per tutelarlo? La raccolta differenziata la faccio già, cerco sempre le soluzioni più sostenibili, ma sembra non bastare mai e le ultime notizie sulla salute dei mari sono tragiche.
E se ti dicessi che anche la tua navigazione o il tuo sport preferito in mare, con qualche trucchetto e un paio di occhi curiosi, può contribuire a salvaguardare e conoscere meglio l’Oceano?
Sto parlando della Citizen Science, o anche detta scienza partecipativa. Perchè aiutare la comunità scientifica a monitorare e proteggere il mare potrebbe essere più semplice di quanto pensassi.
Ma facciamo un passo indietro.
Ricerca in mare: perchè e a cosa serve?
Se sei qui è probabilmente perché la navigazione e gli sport outdoor, sono il tuo modo di esplorare l’immensità, di sentirti più vicino al suo mistero. Perchè chi naviga lo sa, il mare è davvero grande. Copre il 71% della superficie terrestre, è profondo in alcuni luoghi più di 10,9 km, contiene circa l’80% di tutte le specie viventi presenti sulla terra, eppure solamente meno del 10% è stato esplorato e solo nel Mediterraneo di una 1 ogni 6 specie marine la comunità scientifica non ha abbastanza informazioni per sapere se sono o meno in via di estinzione. Il nostro mare è grande, essenziale alla vita sulla terra, ma anche davvero poco conosciuto. E proprio per la sua estensione, è veramente difficile proteggerlo.
Come possiamo proteggere qualcosa che non conosciamo?
Per istituire aree protette dove la natura si può rigenerare, gli scienziati vanno alla ricerca di luoghi fragili, vulnerabili, estremamente ricchi di biodiversità, per conoscere l’inquinamento di uno specchio d’acqua setacciano il mare alla ricerca di micro-plastiche e inquinanti, e per monitorare la febbre del mare partono per lunghe, ripetitive e costose campagne oceanografiche. Un lavoro quanto necessario quanto immenso per la comunità scientifica che conta circa il 13.49% della popolazione mondiale (UNESCO, 2021).
IL MARE È GRANDE, PROFONDO, POCO CONOSCIUTO, E GLI SCIENZIATI SONO POCHI E SPARSI (E SPESSO DAL PORTAFOGLIO LIMITATO).
Ma la vastità del mare, ha anche attratto milioni di persone come te, che ogni giorno navigano miglia, pagaiano per ore e vivono l’Oceano come il più bello dei parco giochi. Secondo dati dell’ICOMIA del 2020, nel mondo, si stima che ci siano circa 33 milioni di barche (leggi il nostro articolo di blog “Quante barche da diporto ci sono al mondo?”), un numero decisamente maggiore a quelli di navi ed imbarcazioni da ricerca. La comunità nautica rappresenta infatti una potenziale flotta di appassionati del mare, pronta a raccogliere dati per la sua ricerca e conservazione, ad essere i molteplici occhi e le mille mani che mancano agli scienziati, ed il tutto con budget limitati.
La Citizen Science
La modalità di raccolta dati portata avanti da non professionisti viene chiamata “citizen science”, o scienza dei cittadini. La citizen science viene definita come: “la raccolta o analisi di dati relativi al mondo naturale portata avanti da cittadini, tipicamente all’interno di un progetto collaborativo con scienziati professionisti”, ed é una pratica che negli ultimi anni sta aumentando progressivamente la sua popolarità e grande potenzialità.
Seppure il termine sia stato coniato recentemente (Oxford English Dictionary in 2014), il fenomeno non è nuovo, ma può essere anche riportato a prima della professionalizzazione della scienza. Alla fine, Charles Darwin stesso (1809-1888) non era uno scienziato professionista, ma uno studente di medicina con una grande passione per il mondo naturale.
Oggi, i progetti di citizen science sono numerosissimi in tutto il mondo, coprendo ogni ambiente naturale dalle profondità oceaniche alla via lattea e ci permettono non solo di conoscere meglio il nostro pianeta, ma anche di democratizzare la ricerca scientifica e di sensibilizzare la popolazione attraverso azioni tangibili. Infatti con un po ‘ di indicazioni e un protocollo ben delineato, qualsiasi attività all’aria aperta può trasformarsi in una vera e propria spedizione scientifica di campionamento e monitoraggio (Earp & Liconti, 2020).
I benefici della citizen science sono tantissimi. Più abbondanti saranno i dati che raccogliamo, più accurati saranno i modelli su cui si basano le previsioni meteo su cui programmiamo proprio le nostre uscite in mare. Praticare la citizen science potrebbe infatti essere lo strumento necessario per vincere quella regata dal meteo sempre ballerino, oppure programmare un weekend in barca con più facilità. Ma nello stesso modo in cui possiamo rendere più efficaci i nostri bollettini meteo, anche i modelli climatici potrebbero essere supportati da dati ed informazioni provenienti dalla citizen science, specialmente in tempi di grave crisi climatica, ecologica e finanziaria. Più dati verranno raccolti, più accurate saranno anche le nostre politiche ambientali per fornirci efficaci indicazioni sulla direzione giusta da prendere. Più accurate saranno le politiche locali ed internazionali per salvaguardare il mare, più a lungo potremmo godere della vita e meraviglia che il mare ha da offrirci.
Senza mare non c’è nautica.
La citizen science in ambiente marino non è solamente uno strumento di raccolta dati: coinvolgendo attivamente le persone nella ricerca, e rendendole partecipi alla conservazione marina, questa pratica supporta anche una progressiva ‘alfabetizzazione’ all’Oceano, promuovendo la cosiddetta Ocean Literacy. Conoscere lo stato, l’importanza ed i problemi del mare, viverlo ed aiutarlo sul campo, porta i cittadini scienziati a diventare ambasciatori consapevoli dell’influenza del mare sulle nostre vite, e della nostra influenza sul mare.
Come velista, armatrice ma anche ricercatrice, conosco le difficoltà della vita in barca, ma anche ne necessità della comunità scientifica. Il mio ruolo è quindi un pò quello di mediatrice, per trovare il punto di incontro tra i dati di cui hanno bisogno i ricercatori e le azioni più semplici e utili per cui tutti possiamo raccogliere dati essenziali sull’Oceano mentre navighiamo.
In questa nuova rubrica targata HiNelson vi guiderò alla scoperta di tutti i modi in cui ogni miglio può diventare una vera e propria campagna di ricerca, per essere marinai attivi e non solo visitatori del blu. Scopriremo piccoli sensori oceanografici e strumenti plug&play per raccogliere dati essenziali sulla fisica dell’Oceano mentre navighiamo, ci faremo ispirare dai grandi navigatori che praticano citizen science, impareremo a conoscere e segnalare gli animali marini che possiamo vedere dalla barca, ci tufferemo per monitorare la vita sottomarina, e esploreremo come ogni battuta di pesca è una possibilità di fare la differenza.
Noi faremo il possibile per fornirvi gli strumenti giusti, a voi toccherà solamente navigare con consapevolezza e curiosità.
Pronti a raccogliere insieme, un mare di dati?