Se non l’hai mai visto, probabilmente non hai mai ormeggiato in spazi ristretti e con un vento capriccioso. Sì, ovviamente parliamo del classico curiosone da banchina, ovvero di quel losco figuro che sembra non aver mai nulla da fare se non aspettare un nostro possibile errore durante la delicata fase dell’ormeggio. Si sa, questa manovra, soprattutto in certe condizioni, non è niente affatto facile, ed essere scrutati da qualcuno che sembra desiderare una nostra défaillance, in genere, non aiuta.
Certo, ci sono molti cultori dell’ormeggio, ovvero tanti diportisti che, navigando molto spesso e avendo una lunga esperienza, sono in grado di praticare delle manovre perfette anche in porti particolarmente affollati e con condizioni meteorologiche tutt’altro che favorevoli. Ci sono tanti altri diportisti, invece, che non navigano di frequente, e che magari sono agli inizi della loro esperienza nautica: in questi casi, un ormeggio difficile si può trasformare in un vero e proprio incubo.
A rendere il tutto più difficoltoso – ma anche più divertente e, da un certo punto di vista, sfidante – è la variabilità dell’ormeggio. I fattori da tenere in considerazione sono infatti moltissimi, dal meteo alla vicinanza di barche, dall’orientamento alla presenza di bitte, passando per l’equipaggio a disposizione e gli accessori per l’ancoraggio e l’ormeggio, nonché, ovviamente, per la stazza della nostra barca.
Insomma, se talvolta si hanno delle difficoltà persino a parcheggiare la propria automobile con una o due manovre, non deve affatto stupire che il ‘parcheggio’ della barca – a vela e a motore – presenti altrettante e maggiori difficoltà. Una volta effettuato l’ormeggio, poi, ci sono tanti aspetti da tenere in considerazione, dalla messa in sicurezza alle regole della banchina. E in questo articolo, come promesso, ti presenteremo i 10 passi per un ormeggio semplice, confortevole, rispettoso delle regole e sicuro. Insomma, un ormeggio perfetto!
Tutto quello che devi sapere sulle manovre di ormeggio
1- Cosa controllare prima di ormeggiare
Come anticipato, le variabili in gioco quando si tratta di ormeggio sono davvero tante, e per questo, ancora prima di iniziare la manovra, è opportuno analizzare la situazione. Il primo fattore da prendere in considerazione è certamente il vento. In che direzione soffia? E quale tipo di vento ti troverai ad affrontare? Si tratta forse di un vento a raffiche? Dopo aver valutato il vento è il caso di pensare alla correnti, e alla loro direzione. Poi, ovviamente, bisogna pensare al posto di ormeggio in sé e per sé (sarà un ormeggio su una banchina fissa o galleggiante, su un dock oppure su ormeggio al gavitello?) e dunque riflettere intorno alle manovre che saranno necessarie per arrivare in quel determinato punto. Dovrai dunque riflettere alla posizione finale in cui ti dovrai trovare, se dovrai fare un ormeggio all’inglese (e quindi di fianco, con l’imbarcazione parallela alla banchina e con sei cime d’ormeggio), alla francese (e quindi di poppa, con quest’ultima assicurata a delle bitte a terra attraverso dei cavi incrociati) o di prua (con la poppa in fuori, mantenuta con la propria ancora o con un corpo morto). Ovviamente per fare tutto questo è necessario conoscere in anticipo quella che sarà la situazione che si troverà in banchina, e questo ci porta dritti dritti al secondo punto di questa piccola guida all’ormeggio.
2- Raccogliere tutte le informazioni necessarie
Nessuno conosce tutti i porti: prima di arrivare, quindi, è necessario ricercare tutte le informazioni possibili per agevolare l’avvicinamento e l’ormeggio, affidandosi quindi al sempre fondamentale Portolano. Nella maggior parte dei casi, però, questo non basta. È raro, per esempio, imbattersi in marine e in porti che lasciano totale libertà di scelta ai diportisti: è dunque consuetudine contattare il porto con la propria radio VHF e, contestualmente alla richiesta di ingresso, ricevere tutte le informazioni necessarie per arrivare senza problemi al posto assegnato alla propria imbarcazione. Altre informazioni si possono trovare, oltre che sul Portolano, anche presso gli altri diportisti.
Nei rari casi in cui spetti al diportista scegliere il proprio posto barca, si consiglia sempre di dare un’occhiata ai dintorni prima di andare alla cieca, ormeggiando per qualche momento la propria barca al pontile o a una boa. Così facendo si potrà scegliere con calma dove ormeggiare, tenendo in considerazione eventuali posti riservati nonché le proprie esigenze: l’ormeggio non va scelto solo in base alla comodità di occupazione, ma anche tenendo conto delle modalità di uscita!
3- Usare i parabordi in modo intelligente
I parabordi, al momento dell’ormeggio, sono i nostri migliori amici. Questi vanno preparati prima di avvicinarsi alla banchina, e se possibile ancora prima di arrivare in porto, quando dunque si è lontano da possibili ostacoli e si ha tutto il tempo per disporre queste protezioni con assoluta calma. Di certo, una volta arrivati alla banchina, la posizione o forse l’altezza dei parabordi andranno modificate sensibilmente, ma è altrettanto certo che aver già posizionato i parabordi prima di iniziare le manovre di ormeggio è una grande protezione per la nostra barca ed, eventualmente, per quelle che ci ritroveremo vicine. In linea di massima, a prescindere dal tipo di ormeggio, il numero minimo di parabordi da posizionare sarebbe di tre per fiancata.
Non tutti i parabordi, però, vanno attaccati: almeno un parabordo deve essere sempre restare libero, e a portata di mano durante la fase di ormeggio, così da poter essere posizionato in extremis in caso di bisogno nelle ultimissime fasi dell’avvicinamento. Il fatto di non avere dei parabordi liberi a portata di mano durante l’ormeggio, infatti, ha portato tanti principianti – e non solo – a tentare di ‘salvare’ la barca con mani e piedi, con risultati spesso gravi.
4- Preparare le cime
Dopo aver preparato i parabordi a qualche centinaio di metri dal porto – se possibile – è il turno delle cime: anche queste, infatti, vanno preparate per l’ormeggio. Ma cosa vuol dire preparare le cime? Significa forse metterle a portata di mano? No, preparare le cime per l’ormeggio significa addugliarle e separarle in due matasse ordinate: in questo modo, saranno pronte per essere lanciate in banchina. Nello specifico, una matassa dovrà avere tre giri di cima, per poter essere lanciata in banchina e venire legata a una bitta, mentre l’altra se ne resterà sulla barca. Questo, va detto, è l’unico modo sensato per preparare le cime prima di entrare in porto, ed è anche l’unica tecnica valida per non farle cadere in acqua al momento del lancio. Insomma, se non si vuole dare una soddisfazione al curiosone da banchina, questo passaggio non va assolutamente saltato!
5- Manovre di ormeggio: in avanti o in retro?
Come abbiamo ricordato sopra, esistono diverse tipologie di ormeggio. Visto l’affollamento dei porti italiani, l’ipotesi inglese è da scartare a monte: la scelta, dunque, resta tra ormeggio di prua o di poppa. Entrambe le opzioni, in realtà, offrono dei vantaggi indiscutibili, così da rendere l’uno e l’altro preferibile in situazioni differenti. Di certo l’ormeggio di poppa è il più comune di tutti, anche perché offre una certa comodità per le fasi successive: la passerella è nata per essere posizionata a poppa, così da rendere confortevole la vita dell’equipaggio, e questo tipo di ormeggio permette di lasciare l’ormeggio con delle manovre tendenzialmente più semplici. Il contro dell’ormeggio di poppa sta, in caso, nelle difficoltà in entrata che si potrebbero avere in caso di meteo difficile, soprattutto se accompagnate da un equipaggio ridotto all’osso, assente o non esperto. In questo caso, l’ormeggio di prua è senz’altro preferibile, pur rendendo più difficoltosa l’uscita. È ovviamente fondamentale prendere questa decisione prima di avvicinarsi alla banchina, e quindi prima di preparare cime e parabordi, pianificando nel dettaglio le manovre necessarie (condividendole, ovviamente, con il resto dell’equipaggio, che si dovrà muovere di conseguenza).
6- Ancora o corpo morto?
Ipotizziamo che l’ormeggio che ci aspetta preveda l’utilizzo dell’ancora. In questo caso, in fase di avvicinamento, bisognerà aprire il gavone e lasciarlo aperto, assicurando eventualmente la copertura. Per facilitare la successiva calata, inoltre, si dovrà provvedere a liberare l’ancora e a spingerla in avanti, così che, al momento giusto, sarà pronta per essere calata velocemente e senza intoppi. Questo non vuol dire, ovviamente, che l’ancora va lasciata a penzoloni: ciò non deve mai accadere, per non mettere stupidamente a rischio il dritto di prua. Molto meglio, invece, appoggiare l’ancora sul musone.
Spesso, per facilitare gli ormeggi di prua, sono presenti i famosi corpi morti, ovvero dei corpi immersi – generalmente di cemento – provvisti di un piccolo galleggiante che, una volta agguantato, permette di recuperare la cima di ormeggio. In questo caso non è necessario dare ancora: basterà recuperare il galleggiante (usando eventualmente il mezzo marinaio) e assicurare la cimetta a una bitta della barca.
7- La posizione del tender
Sembra banale, ma non lo è del tutto. Come abbiamo visto, nella maggior parte dei casi si opta per l’ormeggio di poppa, il quale offre benefici notevoli. In questi casi, è bene ricordarsi di spostare l’eventuale tender già in acqua. Va infatti sottolineato che spesso, durante le crociere, il gommone di servizio viene trainato a poppa, così da lasciar libero il ponte. Questa posizione, però, diventa rischiosa in fase di ormeggio, con la possibilità non indifferente di ritrovarsi la cima che collega la barca al tender pericolosamente vicina all’elica, tanto da esserne potenzialmente risucchiata, con tutti i problemi che questo comporta. Molto meglio, dunque, ricordarsi per tempo dell’esistenza del tender, così da portarlo a mezza barca o direttamente a prua. La cima che lo tiene attaccato non dovrà inoltre essere troppo corta, ma anzi, dovrà essere abbastanza estesa da permettere al gommone di servizio di essere trascinato sinuosamente, assecondando le manovre di ormeggio.
8- Effettuare la manovra con calma
Le cime sono pronte, così come i parabordi; l’ancora è pronta per essere calata, e l’equipaggio sa cosa deve fare. A questo punto vanno abbandonati gli indugi: è il momento di ormeggiare. Di fatto, per un ormeggio perfetto è sufficiente essere in due, a patto che almeno uno sappia come muoversi. Come anticipato, il lavoro si complica in caso di assenza del corpo morto: in sua presenza il secondo non dovrà infatti fare altro che cazzare il corpo morto al segnale dello skipper, limitandosi eventualmente a bloccare la cima sulla bitta (lasciando poi all’esperto il nodo di galloccia). È più complicato, in caso di secondo inesperto, l’ormeggio senza corpo morto: il secondo dovrà calare l’ancora nel momento esatto annunciato dallo skipper, stando attento a non interrompere mai la sua discesa, rischiando tutt’al più di arrivare in banchina con una lunghezza eccessiva di catena immersa (rischio che si può comunque prendere per scongiurare l’altro, ovvero quello di ritrovarsi a ripetere tutta la manovra per una catena in tiro). Il segreto di un buon ormeggio, in molti casi, è proprio nella chiarezza e nella calma con cui sono esposte le istruzioni al proprio secondo.
9- L’etichetta in banchina
Bene, le manovre di ormeggio sono state ultimate, le cime sono state fissate e l’apparato costituito da cavi, bitte, ancora (o peso morto) e parabordi mette perfettamente in sicurezza la tua barca. La fase difficile è sicuramente passata e, se tutto è andato per il meglio, il curiosone da banchina si sarà allontanato con fare mesto, magari un po’ deluso, e starà forse avvistando un’altra barca in avvicinamento. Tu però devi ancora terminare i tuoi compiti. Devi per esempio assicurarti di avere ben esposta a poppa e in ordine la bandiera nazionale del tuo Paese – o meglio, del Paese in cui la tua barca è stata immatricolata – così da adempiere all’obbligo di esposizione dalle prime ore del mattino fino al tramonto (non si deve poi dimenticare di esporre eventualmente anche la bandiera del Paese ospitante, la quale deve essere esposta all’asta di prua o al picco di dritta per le barche a motore, e alla crocetta di dritta dell’albero di maestra sulle barche a vela). Il galateo della banchina prevede inoltre di evitare grida o ancora peggio liti durante le manovre di ormeggio, nonché durante la permanenza, e di offrirsi per aiutare altre barche in fase di ormeggio – mettendosi a disposizione dello skipper, senza assumere a propria volta il ruolo del curiosone.
10- Conoscere la propria barca
Lo abbiamo tenuto per ultimo, ma è in realtà il punto fondamentale per ogni ormeggio eseguito a regola d’arte: ogni barca è un caso a sé stante, e risponde in modo diverso alle diverse manovre. Per effettuare degli ormeggi perfetti anche in situazioni difficili, dunque, non resta che sperimentare i vari movimenti, così da capire quelle che sono le reazioni della propria barca.
Ormeggio perfetto, una aiuto in più: il gavitello autoaffondante
Abbiamo visto quali sono le principali cose alle quali fare attenzione per l’ormeggio perfetto. Talvolta, però, serve comunque un aiuto in più. Qualcuno, per esempio, potrebbe ritrovarsi a ormeggiare praticamente da solo, perché effettivamente solo a bordo o perché in compagnia di persone che non possono – o non vogliano – aiutare durante le fasi di ormeggio. In questo caso può però venirci incontro la tecnologia. Hai mai sentito del gavitello autoaffondante? Si tratta di uno speciale gavitello radiocomandato che permette il recupero veloce e semplice della cima di ormeggio. Questo accessorio molto intelligente – prodotto da Clik – permette di recuperare gli ormeggi direttamente a prua, senza dover far scorrere la trappa a mano fino all’altra estremità. I vantaggi sono molti: si spreca meno tempo, non si intralciano le barche di passaggio e si fa meno fatica. É sufficiente collegare il gavitello autoaffondante all’estremità della trappa e lasciarlo affondare insieme agli ormeggi; al momento del bisogno, basterà premere l’apposito comando per farlo tornare in superficie. Recuperarlo a quel punto sarà estremamente semplice, grazie all’inserto magnetico presente sul mezzomarinaio corredato al gavitello autoaffondante. E non è tutto qui: lungi dal dover essere ricaricato collegando all’impianto elettrico, il gavitello di Clik si ricarica con i raggi del sole (un altro interessante metodo per sfruttare l’energia solare a bordo, oltre che con i pannelli fotovoltaici per barca)!
Buon ormeggio!