Defibrillatore per barca: perché è una buona idea

A patto di essere condotte in modo esperto e con prudenza, e di avere a bordo tutte le dotazioni di sicurezza obbligatorie – e anche qualcosina in più – le nostre barche sono dei luoghi sicuri. L’obbligo della patente nautica per pilotare barche con un certo motore e in ogni caso per navigare oltre le 6 miglia, la presenza di dispositivi obbligatori come giubbotti di salvataggio e zattere d’emergenza, l’aiuto di dispositivi elettronici come i chartplotter GPS: insomma, grazie a tutto questo è possibile andare per mare con una certa tranquillità. Senza scordare mai, però, che le minacce di questo contesto particolare non scompaiono mai del tutto. Anche perché essere in mare vuol dire prima di ogni altra cosa non essere a terra, e quindi non essere facilmente raggiungibile in caso di emergenza. E sta qui il nocciolo della questione: un evento pericoloso che a terra potrebbe essere risolto in modo piuttosto semplice e facile, in mare aperto potrebbe trasformarsi in una tragedia. Pensiamo per esempio a un’aritmia. Se questa avesse luogo sulla terraferma, per esempio in fila alle Poste, i rischi sarebbero minimi, essendo estremamente vicini – in linea teorica – a un defibrillatore pronto per l’utilizzo. Cosa potrebbe accadere invece in mare, a diverse miglia dalla costa, lontano da qualsiasi aiuto? Per questo motivo non è affatto errato prendere in considerazione l’acquisto di un defibrillatore per barca.

Cosa è un defibrillatore

Ma cos’è nel concreto un defibrillatore? Si tratta di un dispositivo elettromedicale che ha un utilizzo ben preciso: con questo strumento è possibile effettuare una defibrillazione elettrica, ovvero una procedura che permette di ripristinare il normale ritmo cardiaco in un soggetto alle prese con un’aritmia. Vale la pena spiegare che di aritmie ce ne sono diversi tipi: c’è la tachicardia, con un ritmo più rapido del normale, c’è la bradicardia, con un ritmo più lento, e c’è infine la fibrillazione, caratterizzata da un ritmo irregolare. E proprio per spiegare la fibrillazione ventricolare spesso si usa una metafora del mondo nautico. Pensiamo al cuore come a una barca a remi, spinta da una squadra da rematori. Per fare correre veloce la barca, tutti i rematori devono remare all’unisono; nel momento in cui ognuno va per conto suo, la barca non si muove. Ed è per l’appunto questo che succede al cuore in fibrillazione. Disturbi del ritmo cardiaco come questo possono condurre a un arresto cardiaco, e quindi alla morte. Basti pensare che l’85% delle morti causate da un arresto cardiaco nasce proprio da una “semplice” aritmia, ovvero da qualcosa che impedisce al cuore di pompare correttamente il sangue.

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Perchè un defibrillatore in barca

Il defibrillatore permette di generare delle scariche elettriche e di trasmetterle sull’individuo con problemi cardiaci con delle piastre metalliche, così da indurre la contrazione degli atri e dei ventricoli, ripristinando il normale ritmo cardiaco in caso di aritmia. Esistono defibrillatori a batteria o collegabili alla presa di corrente, nonché defibrillatori manuali, semiautomatici completamente automatici.
Va sottolineato che a partire dal 28 agosto 2021, data di entrata in vigore della legge 116 del 4 agosto 2021, è diventata obbligatoria la presenza di defibrillatori automatici e semiautomatici in determinati luoghi non sanitari, come gli uffici delle pubbliche amministrazioni aperti al pubblico, nonché in porti, aeroporti e stazioni ferroviarie. E non è tutto qui: il defibrillatore è ora obbligatorio anche su aerei, treni e navi che affrontano viaggi senza interruzioni superiori alle 2 ore. Ad oggi non esiste nessun obbligo per quanto riguarda le barche da diporto, ma una cosa è certa: stando alla logica che sta dietro alla nuova legge, anche sulle barche usata per delle crociere a qualche miglio dalla costa sarebbe assolutamente bene tenere un defibrillatore pronto all’uso.

Per l’utilizzo corretto

Come detto esistono sia dei defibrillatori automatici, sia dei defibrillatore semiautomatici. Il primo è uno strumento capace di analizzare il ritmo cardiaco e, in base a questa analisi, di stabilire autonomamente la potenza della scarica necessaria per correggere l’aritmia, senza quindi richiedere nessuna conoscenza specifica da parte del soccorritore. Nel caso dei defibrillatori semiautomatici il soccorritore può invece contare su una voce guida, che per l’appunto supporta il soccorritore nella procedura di defibrillazione.
Non ci sono in ogni caso dubbi: chi si allontana dalla costa insieme ad altri passeggeri, per alzare il livello di sicurezza, dovrebbe sia dotarsi di un defibrillatore, sia seguire un corso apposito. Si parla generalmente a questo proposito dei corsi BLSD, Basic Live Support & Defibrillation: in poche ore (solitamente 5-6) si potranno così imparare sia il massaggio cardiaco che l’uso corretto del defibrillatore in barca. Si tratta di un disturbo tutto sommato ridotto, che auspicabilmente non troverà mai un utilizzo concreto, ma che in caso di emergenza può fare un’enorme differenza. Sarebbe quindi bene avere a bordo questo strumento, insieme alla cassetta del pronto soccorso per barca.

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Scritto da
Nicola Andreatta
Nicola Andreatta
Copywriter dal 2014, trentino dal 1987. La passione per la nautica è nata sulla prua di una piccola barca a vela sfrecciante nel lago di Caldonazzo: da allora è continuata a crescere, insieme alla sempre presente voglia di imparare - e condividere - qualcosa di nuovo su questo affascinante mondo.
  1. Partiamo dalla Legge che autorizza i laici all’uso del defibrillatore semiautomatico. Questo è da preferire in quanto tutta la procedura, appunto, è guidata. Si può noleggiare a condizioni vantaggiose, proprio per l’aumento della domanda dovuta all’obbligo nei luoghi pubblici e impianti sportivi, tipicamente per la stagione estiva e nel nolo, in genere, sono compresi assistenza e la borsa coi consumabili, ambu e kit vie aeree. Nella nautica da diporto, è pratica comune intestare la barca a vela ad una ASD fittizia… specie se si pratica il charter “occasionale” o si fa attività di boat & breakfast. Dovremmo quindi comunque dotarci di un DAE. Veniamo agli yacht commerciali: con l’istituzione del titolo di ufficiale-comandante del diporto, consegue l’obbligo dei certificati STCW e medical care per marittimi. Abbiamo quindi le autorizzazioni legali e le nozioni di pronto soccorso, farmacia, epidemiologia ecc. per valutare, a nostra discrezione, di integrare la prescritta tabella di pronto soccorso A con elementi della tabella B che sarebbe raccomandata nel caso di charter oltre le 12 miglia con navigazione internazionale. In ogni caso, non dovrebbero mancare, nelle quantà previste dalla tabella B: test droga, test e protocollo covid, kit vie aeree adulti e pediatrico, collare cervicale (pratico il necklite della Flamor che si arrotola) stecche splint, kit sutura e medicazione, autoiniettori di epinefrina e atropina, agocannule, kit di infusione soluzione salina e glucosata (si raccomanda intraossea bone iniection gun, non prescritto) tutti i collirio previsti, antitetanica, antidoti, antimalarici, antiparassitari, antibiotici a largo spettro (amoxicillina) antiinfiammatori, antipiretici, aspirina rapida e cardio, analgesici, gastroprotettori, antiemetici, antiemorragici…
    Se a bordo abbiamo inmarsat o iridium vessel link, possiamo valutare anche un kit di telemedicina basico; in ogni caso, oltre le 12 miglia, si raccomanda almeno un satellitare a noleggio (il nuovo iridium go exec per esempio) e scegliere un’assicurazione che offre consulto medico.

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