Avventura, progetto, sfida non importa la definizione precisa, perché quello che hanno fatto i fratelli Galimberti, dal 19 luglio al 9 settembre 2018, è soprattutto una bellissima storia.
Una storia che inizia a Ventimiglia quando Francesco e Giacomo, due fratelli di Milano, hanno mollato gli ormeggi a bordo di un vecchio Hobie Cat giallo, di nome Banana Joe, per raggiungere Trieste dopo 54 giorni e 1550 miglia percorse, facendo così la circumnavigazione dell’Italia.
Con una buona dose di follia, ma non di incoscienza, Francesco, 22 anni laureato in Design dell’Automobile e dei Trasporti, e Giacomo, 20 anni studente in fisica, hanno deciso di passare la loro estate navigando in modo avventuroso a bordo di un catamarano non abitabile di 5 metri e 20, mangiando liofilizzati e dormendo sulla spiaggia sotto la barca coperta da un telo.
Scoprendo quindi l’Italia dall’altro lato, quello del mare.
Perché, secondo loro, la vita è una sola e va vissuta.
Benedetta gioventù!
Come è nato questo pazzo progetto di circumnavigare l’Italia su Banana Joe?
L’idea è nata a gennaio di tre anni fa mentre mi trovavo in Inghilterra, dove ho studiato. Mi sono svegliato una mattina e ho pensato di fare il giro dell’Italia con un Hobie Cat, una barca che in estate noleggiamo spesso. Ho chiamato mio fratello e gli ho detto: “Jack facciamolo”. Poi mio fratello, a causa di altri impegni, non era più disponibile e per non perdere gli sponsor, che nel frattempo avevo già trovato, ho deciso di fare il giro della Sardegna in solitario con un 420. Il giro è durato 20 giorni. Finalmente nel 2018, quindi l’anno dopo, siamo riusciti ad organizzarci. Jack si è dato molto da fare per preparare la barca perché era ferma da diverso tempo e aveva bisogno di molti lavori.
Come avete trovato Banana Joe?
La barca ci è stata prestata dal proprietario al quale avevo presentato il progetto tre anni prima.
Come è stato per voi convivere per due mesi a bordo di una barca così piccola? Ci sono stati momenti di tensione tra te e Giacomo?
Più che a bordo, ci sono stati a terra. Io e mio fratello siamo sempre stati molto uniti e abbiamo un buon rapporto, quindi in navigazione non ci sono stati momenti di scontro. Si poteva discutere per alcune scelte durante la navigazione, come quella volta che abbiamo passato la giornata intera a fare esperimenti sull’angolo migliore, visto che io dicevo una cosa e Jack un’altra. Poi avevo ragione io. Le vere litigate le abbiamo fatte a terra. Ad esempio, quando per motivi di maltempo ci siamo dovuti fermare per alcuni giorni. Ovviamente questo creava delle piccole tensioni, dovute principalmente al fatto che eravamo costretti a terra, dove anche solo dover decidere su che tavolino del bar sederci faceva scattare la discussione. Per il resto siamo stati bene.
Come avete preparato la barca per affrontare il giro d’Italia?
E’ stato molto utile fare il giro della Sardegna l’anno prima. Durante quell’esperienza ho avuto modo di capire alcuni aspetti importanti su come prepararsi ad una navigazione di diversi giorni su una barca di piccole dimensioni. A bordo avevamo due remi che usavamo durante le giornate con poco vento, non avendo il motore fuori bordo. In testa d’albero avevamo un galleggiante che serviva in caso di scuffia. Alla randa abbiamo aggiunto una mano di terzaroli, così da avere meno tela quando il vento era più sostenuto. Per portare poi la barca sulla spiaggia, anche quando c’erano i sassi, abbiamo costruito un carrello che, messo sotto lo scafo, si agganciava alla barca con dei moschettoni. Questo facilitava la risalita a riva. A bordo avevamo anche un’ancora galleggiate, che mi era stata utile durante il giro sul 420, ma che con il catamarano non aveva lo stesso effetto. Poi ovviamente sacche stagne per portare materiale, cibo e vestiti.
Com’era la vostra giornata?
Alla mattina ci svegliavamo spesso all’alba per sfruttare le prime brezze. Facevamo colazione con un tè o un caffè e dei biscotti, poi si partiva. Stavamo al timone con turni da un’ora, un’ora e mezza e per il pranzo avevamo una barretta proteica a testa che dividevamo metà alle 13 e l’altra metà verso le 3 del pomeriggio. Avevamo anche un sacchettino di frutta secca al giorno, per quando avevamo più fame. Alla sera a terra abbiamo utilizzato cibo in scatola o liofilizzati che cucinavamo sul fornelletto ad alcol, non a gas che ci sembrava più scomodo.
La gente che vi vedeva arrivare sulla spiaggia alla sera, era curiosa? Vi fermava, vi chiedeva cosa stavate facendo?
Con le vele colorate di Banana Joe non passavamo certo inosservati, ma arrivando tardi e partendo molto presto incontravamo poche persone. Comunque, sono sempre stati molto gentili quando ci chiedevano cosa stessimo facendo. Una cosa buffa è stata all’inizio, quando siamo partiti ed eravamo ancora in Liguria. Quando ci vedevano arrivare a terra e raccontavamo della nostra avventura, forse perché all’inizio ci credevamo poco anche noi, molti ridevamo e dicevano, “ahh, che scemi sti due”. Poi quando siamo arrivati in Adriatico, e quindi si era sparsa la voce ma soprattutto avevamo già percorso un bel po’ di miglia, vedendoci arrivare tutti erano entusiasti. A quel punto eravamo più credibili.
Cosa vi ha lasciato, anche a livello umano, questa avventura dopo 54 giorni di navigazione e di vita avventurosa?
Prima di tutto è stato un grandissimo bagaglio di esperienza su tutti i fronti. Dal punto di vista umano ho avuto la riprova che le persone sono tutte uguali, al di là dello stato sociale, della cultura, ecc. Poi, è stato bello vedere come le persone cambiavano atteggiamento nel momento in cui ascoltavano i nostri racconti. Diventano più aperte e disponibili.
E dal punto di vista paesaggistico? Avete avuto l’opportunità di seguire la costa italiana dall’altra sponda, quella del mare.
Infatti, è stata una cosa incredibile. Vedi come cambia la costa, i paesaggi da nord a sud, e spesso ci siamo trovati davanti a luoghi che non conoscevamo o avevamo solo sentito nominare e scopri una bellezza mozzafiato, come ad esempio il Delta del Po. E’ un posto che mi ha veramente impressionato per la sua natura ancora selvaggia ed incontaminata. Poi, purtroppo, abbiamo scoperto che c’è tanta urbanizzazione lungo le nostre coste e di spiagge naturali ne sono rimaste veramente poche. E questa è una cosa che ti fa riflettere. Io e Jack siamo scout quindi per noi la natura è un valore molto importante da salvaguardare e da trattare con rispetto, per questo abbiamo cercato di lasciare meno tracce del nostro passaggio nelle spiagge dove ci fermavamo a dormire.
Ci dobbiamo aspettare un’altra avventura firmata Fratelli Galimberti?
Per il momento no. Ma c’è un’idea che ho in testa, questa volta non con mio fratello. Vedremo!!!
Dopo aver parlato con Francesco sono andata a cercare le foto da allegare a questa intervista e mi sono fermata sul video del loro arrivo a Trieste.
Abbronzati, con le mani callose e consumate dalle scotte, ma con il sorriso disarmante di due ragazzi che hanno appena realizzato un sogno.
A quell’età si pensa di avere tutto il mondo in pugno e non esistono limiti perché si ha la voglia di scoprire la vita ed il futuro.
Ma fa parte del gioco di diventare grandi e queste avventure, questi sogni servono a capire che, come diceva il “grande vecchio”, Enzo Ferrari, “Sono i sogni a far vivere l’uomo. Il destino è in buona parte nelle nostre mani, sempre che sappiamo chiaramente quel che vogliamo e siamo decisi ad ottenerlo.”
Bravi Francesco e Giacomo, ci avete regalato emozioni, avventura e soprattutto una bellissima storia di mare.
Al Velafestival 2019, Francesco e Giacomo hanno anche ricevuto il premio di velisti dell’anno nella categoria #DontCrackUnderPressure TagHeuer.
Sera, mi chiamo Mattia, ho un 420.
7 anni fa ho fatto la stessa cosa (un po’ più corta😂, Marina di Carrara – civitavecchia) in 6 giorni bellissima esperienza, presto quando avrò disponibilità economiche migliori farò anche io il giro d’Italia.