Oggi parliamo di un tema che non è mai superfluo né per i marinai neofiti né per i vecchi lupi di mare, ovvero il tema della sicurezza in mare.
Nello specifico, ci concentriamo sul giubbotto di salvataggio, un equipaggiamento indispensabile che si tende però a considerare una extrema ratio che tanto non verrà mai utilizzata: dopo tutto, ci si ritrova di solito a pensare, perché dovrebbe accadere a me?
Questo tipo di ragionamento non va d’accordo con la prudenza e, oltre a ribadire come sia fondamentale che ogni barca abbia a bordo una quantità di giubbotti salvagente appropriati a età e stazza dei membri dell’equipaggio, in questo articolo vedremo quali sono le varie tipologie di questo dispositivo di sicurezza nautico e come non lesinino affatto sul comfort.
Bando agli indugi e iniziamo!
Il giubbotto salvagente: di cosa parliamo?
La prima cosa che ci interessa fare approfondendo discorso sui dispositivi di protezione individuale incaricati della protezione dell’incolumità dei marinai, consiste in una distinzione in due macro categorie.
In questa categoria di equipaggiamenti nautici, infatti, trovano posto sia i giubbotti di salvataggio che gli aiuti di galleggiamento.
Per dare due definizioni complete ed esaustive, nel primo caso parliamo di un dispositivo che consente alla persona che lo indossa di galleggiare sul dorso e garantire il raddrizzamento della stessa anche in condizioni di mare grosso o acque agitate. Nel secondo caso, invece, parliamo di uno strumento che presenta delle capacità di galleggiamento meno pronunciate, che si traducono nell’ incapacità di assicurare il raddrizzamento del soggetto che li utilizza, garantendo comunque che la persona possa rimanere in superficie.
La scelta fuori dall’acqua verso l’uno o l’altro tipo di dispositivi dipenderà dal tipo di uso che si intende farne e, soprattutto, dai requisiti normativi che vanno sempre tenuti a mente. A tal proposito…
Giubbotto di salvataggio e aiuto al galleggiamento: requisiti normativi e divisione per tipologie
La normativa internazionale a cui i giubbotti di salvataggio devono necessariamente conformarsi è quella della ISO 12402. Oltre a stabilire che gli stessi debbano riportare il marchio CE sull’etichetta e indicare la loro capacità di sollevamento indicata in Newton (N), questo pacchetto di principi di riferimento si preoccupa anche di classificare questi inseparabili compagni di navigazione a seconda degli usi che se ne deve fare in rapporto alla potenza. Nello specifico, abbiamo:
- Giubbotti di classe 275 N: il non plus ultra della sicurezza in mare, vanno bene per qualsiasi utilizzo.
- Giubbotto di classe 150 N: sono richiesti per obbligo di legge a bordo di quelle imbarcazioni da diporto che hanno l’abilitazione per la navigazione a oltre 6 miglia nautiche dalla costa.
- Giubbotto di classe 100 N: rappresentano l’esponente meno potente tra i veri e propri giubbotti salvagente e sono obbligatori su natanti e imbarcazioni che navighino entro 6 miglia nautiche dalla costa.
- Giubbotto di classe 50 N: si parla in questo caso di aiuti al galleggiamento, utilizzati soprattutto per quelle sport acquatici sotto costa come canoa, windsurf e affini.
Chiarita la classificazione che viene normalmente data dai documenti tecnici e la normativa circa questi dispositivi di sicurezza, andiamo a vedere come il tipo di giubbotti cambia a seconda delle modalità di azione nello svolgere la sua funzione di assicurare la galleggiabilità.
Giubbotti salvataggio gonfiabili
Questo tipo di giubbotto di salvataggio è il più comodo da indossare durante la navigazione visto lo spazio ridotto che occupa, con il conseguente vantaggio di poter essere stivato a bordo con maggiore facilità anche in grandi quantità. Esistono modelli di giubbotti autogonfiabili sia manuali che automatici, con i primi che vengono attivati quando l’utilizzatore tira l’apposita cordicella, mentre i secondi cominciano ad agire istantaneamente a contatto con l’acqua salata.
Hanno un costo generalmente superiore ai gilet a schiuma espansa loro controparti, ma rappresentano un dispositivo più comodo per il ridotto spazio occupato, funzionali soprattutto per le navigazioni più lunghe o per le attraversate in solitario.
Giubbotti in polimeri schiumosi espansi
In questo caso non parliamo di un tipo di strumento gonfiabile, quanto di un appartenente alla categoria degli aiuti al galleggiamento che abbiamo già citato, con una capacità di sollevamento che è quindi pari a 50 Newton.
Questi strumenti presentano di solito una serie di blocchi di schiuma espansa che riesce sì a garantire il galleggiamento, ma non il raddrizzamento di chi li indossa. A seconda della loro disposizione, parliamo di giubbotti a stoia (in cui lo strato di materiale espanso lascia scoperta la schiena e procede dalla schiena al busto) e di giubbotti a corpetto (che invece avvolgono l’intero busto senza distinzione).
Chiaramente, al di là dei requisiti normativi, questo tipo di dispositivo ha un costo inferiore, ma presenta degli svantaggi in termini di spazio occupato per lo stivaggio, come anche un maggiore ingombro per chi si ritrova a indossarli e, magari, muoversi in spazi stretti o in presenza di altri diportisti.