La migliore ancora galleggiante: utilizzo e scelta

Quando si parla di ancore per barca si pensa ovviamente a degli oggetti in metallo, ingombranti e talvolta estremamente pesanti. Nella nostra guida dedicata alla scelta dell’ancora abbiamo spiegato i vantaggi dell’ancora a ceppo, dell’ancora a vomere, dell’ancora a cucchiaio, dell’ancora a marre articolate, dell’ancora a ombrello e via dicendo. Accanto a queste ancore ‘classiche’, però, esistono delle ancore che si differenziano sotto tantissimi aspetti: parliamo ovviamente delle ancore galleggianti.

Per materiale, per dimensione, per concezione e per utilizzo: le ancore galleggianti differiscono da quelle ‘normali’ sotto molti punti di vista. Di più: la differenza è tale che molto diportisti e molti pescatori non sanno come utilizzare nel modo corretto questi accessori, intorno ai quali esiste per altro una letteratura piuttosto fiorente. Il risultato è che, nella maggior parte dei casi, le ancore galleggianti vengono trascurate dai diportisti principianti, per essere utilizzate quasi esclusivamente dai diportisti più esperti. Ma questo è un vero e proprio peccato, vista l’utilità estrema che può avere l’ancora galleggiante.

Ovviamente questo accessorio non può essere usato come ancora primaria, bensì come particolare ancora ausiliaria da usare solo e unicamente in determinate situazioni. In questo lungo articolo, quindi, cercheremo di individuare la migliore ancora galleggiante per ogni diversa situazione, spiegando inoltre il suo utilizzo corretto.

Ancora galleggiante: cos’è
Alla ricerca della migliore ancora galleggiante: l’ancora a paracadute
Alla ricerca della migliore ancora galleggiante: l’ancora a trascinamento
Gli utilizzi durante la pesca
Gli utilizzi in caso di difficoltà

Ancora galleggiante: cos’è

Abbiamo visto che tanti diportisti non usano affatto l’ancora galleggiante, non conoscendone i benefici e i vantaggi. Si tratta, in poche parole, di un accessorio che fa ‘quasi’ quello che può fare un’ancora normale, senza però essere ingombrante né pesante. L’ancora galleggiante è infatti uno strumento morbido e leggero, che può essere comodamente ripiegato su se stesso e infilato in un gavone occupando uno spazio tutto sommato minimo. Tra i problemi principali della vita di bordo c’è sempre proprio l’ingombro, ed è esattamente lo spazio limitato a spingere i diportisti a selezionare attentamente cosa portare in barca e cosa, invece, lasciare a terra. Ebbene, l’ancora galleggiante, che può essere rimessata ovunque, non presenta alcun problema da questo punto di vista.

Certo, non si tratta di un obbligo di legge, non rientrando l’ancora galleggiante tra le dotazioni di bordo obbligatorie per le barche. Ciononostante, si tratta di un accessorio che tutti dovrebbero avere: grazie a esso è infatti possibile rallentare lo scarroccio della barca, il che è utile in tante situazioni diverse. Come vedremo tra poco questo è uno strumento efficace sia nella quotidianità del diportista, e soprattutto in quella del pescatore, sia in caso di emergenza, per il diportista che si trova alla prese con un mare particolarmente difficile.

Esistono ancore galleggianti di tipologie diverse e di dimensioni differenti, in base al dislocamento della barca che dovranno andare a frenare. In linea generale, questi strumenti sono realizzati con dei materiali leggeri, morbidi ma resistenti: si parla quindi quasi sempre di un poliestere sommato a del PVC, il tutto trattenuto da delle cime in grado di sopportare senza rischi il modo ondoso, meglio se con una certa elasticità.

Ma quando, quindi, si utilizza un’ancora galleggiante, e non l’ancora primaria della barca? Quest’ultima, come sappiamo bene, viene usata quando ci si deve ancorare al fondale. L’ancora galleggiante, invece, viene usata quando la barca non deve essere fermata, quanto invece rallentata, per motivi di pesca, per svagarsi un po’ in una determinata area o per navigare in sicurezza con mare agitato o con vento particolarmente forte, stabilizzando la barca.

Alla ricerca della migliore ancora galleggiante: l’ancora a paracadute

Abbiamo anticipato che non esiste un’unica tipologia di ancora galleggiante. Per semplificare, possiamo dire che esistono due tipi principali: da una parte, le ancora galleggianti a paracadute, dall’altra quelle a trascinamento (che nella letteratura inglese sono spesso indicate come drogue, e che in italiano vengono talvolta indicate, più velocemente, come spera).. La prima, come suggerisce il nome, frena la barca grazie alla sua forma simile a quella di un paracadute – tanto è vero che all’inizio si usavano dei veri e propri paracaduti dismessi dell’esercito. Il meccanismo in questo caso è senz’altro semplice, con l’ancora a paracadute che frena la barca in virtù dell’attrito creato con l’acqua, creando una massa d’acqua contenuta difficile da spostare.

In genere, l’ancora galleggiante a paracadute non viene lanciata da poppa, quanto invece da prua – come un’ancora normale insomma – così da tenere la barca controvento. Come è facile intuire, l’ancora galleggiante non riesce a immobilizzare la barca: non parliamo certo di un’ancora metallica che si ancora al fondale, infilandosi magari tra i ciottoli. No, qui si tratta di un’ancora che, restando nei pressi della superficie, rallenta in modo concreto la barca, che si muove solamente lungo uno scarroccio sottovento tutto sommato marginale.

Detta così, la questione sembra facile, persino banale. Ma le cose non sono esattamente così semplici. Prima di tutto, l’ancora galleggiante deve essere concepita in modo da non affondare: per questo motivo l’ancora a paracadute è collegata con delle cimette a una o più boette galleggianti, le quali tra l’altra fungono anche da boette segnaletiche, nonché da preziosi aiuti al momento del recupero. Come si può immaginare, infatti, recuperare l’ancora galleggiante a paracadute e issarla a bordo non è sempre facilissimo, con una difficoltà crescente in base all’aumentare del diametro dell’apertura del cono. Chi usa un’ancora galleggiante su imbarcazioni di dimensioni ridotte o magari su un gommone, al momento del recupero, scoprirà che non sarà tanto l’ancora ad avvicinarsi all’imbarcazione, quanto quest’ultima ad avvicinarsi all’ancora.

Si è detto che l’utilizzo dell’ancora galleggiante a paracadute potrebbe non essere semplice quanto immaginato. Perché questo dispositivo funzioni correttamente è per esempio obbligatorio che l’ancora si trovi nello stesso ciclo d’onda dell’imbarcazione: così facendo, questi due corpi si muoveranno insieme, abbassandosi e alzandosi all’unisono. Diversamente, si avrà a che fare con due ritmi differenti, il che, con mare non particolarmente calmo, non potrà che tradursi in continui strattoni da parte dell’ancora. Questo ovviamente si traduce in un minore comfort per l’equipaggio, in continui scossoni per il pescatore in cerca di concentrazione e in sollecitazioni eccessive per la bitta alla quale è stata fissata la cima dell’ancora galleggiante. Per evitare tutto questo è necessario posizionare correttamente l’ancora, centrando il ciclo d’onda: risulta quindi obbligatorio avere a bordo una cima abbastanza lunga, così da avere un buon margine di manovra.

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Prima di gettare l’ancora galleggiante in mare è necessario assicurarsi che la relativa cima sia in chiaro – e quindi disposta in modo tale da non imbrogliarsi; in caso di barca a vela, per partire con la prua al vento, può essere utile affidarsi a un fazzoletto di randa. Un’ancora galleggiante, in ogni modo, non va mai lasciata a sé stessa: si può bloccare e lasciare il timone, certo, ma bisogna ricordarsi di lanciare di tanto in tanto uno sguardo all’ancora – sincerandosi che non stia affondando per un’insufficiente pressione dell’acqua – e prestando attenzione all’effettiva posizione della barca che, metro dopo metro, lentamente, potrebbe avvicinarsi eccessivamente alla costa.

Alla ricerca della migliore ancora galleggiante: l’ancora a trascinamento

Vista l’ancora galleggiante a paracadute, passiamo all’ancora galleggiante a trascinamento. Si tratta di una dispositivo molto diverso, sia per concezione che per utilizzo. Come suggerisce il nome, questa ancora viene ‘trascinata’ dalla barca, e viene quindi posizionata tendenzialmente a poppa. Qui non abbiamo più a che fare con un unico grande ‘paracadute’, quanto invece con una serie di coni – una serie più o meno lunga – che viene posizionata a in mare per frenare il movimento della barca, rallentando in modo concreto le sue planate sulle onde.

la miglior ancora galleggiante

Il numero dei coni, così come il numero stesso dei coni effettivamente presenti lungo la cima, dipende sia dalle dimensioni dello scafo da frenare sia, ovviamente, dalla forza del vento. L’obiettivo è il medesimo visto sopra, ovvero rallentare la barca il più possibile senza ancorarla al fondale con una normale ancora: il modo per soddisfare questa necessità, come visto, è però leggermente diverso. Il ‘carico’ viene distribuito su un gran numero i coni.

É però necessario fare qualche piccolo appunto. Affinché l’ancora a trascinamento possa fare il suo lavoro, è ovviamente necessario avere l’onda da poppa. In casi di mare agitato, però, non si può trascurare il rischio di avere l’onda da poppa che si infrange in pozzetto. È questo, di fatto, il principale svantaggio dell’ancora galleggiante a trascinamento, la quale peraltro risulta più comoda da approntare rispetto all’ancora a paracadute (richiedendo però un recupero che può essere più laborioso).

Gli utilizzi durante la pesca

Viste le due principali tipologie per capire quale può essere la miglior ancora galleggiante per la tua barca, vediamo quali sono i principali utilizzi dell’ancora galleggiante durante la pesca. Chi pesca dalla barca non dovrebbe mai fare senza di questo dispositivo, che oltre a rallentare l’imbarcazione permette di ridurre o perfino di eliminare del tutto la possibilità che le onde entrino di traverso.

Pensiamo alla pesca a bolentino di profondità: grazie all’ancora galleggiante si può essere certi che le esche calate vadano lì dove devono arrivare, eliminando a monte la possibilità che la barca scarrocci e si allontani dalle nostre prede (segnalate per esempio precedentemente dall’ecoscandaglio). Senza l’apporto dell’ancora galleggiante, si potrebbe perdere tempo calando le esche lì dove ormai, a causa dello scarroccio, non ci sono più prede.

L’ancora galleggiante è uno strumento fondamentale anche per pescare a traina: il pescatore esperto, in caso di mare con corrente, sfrutta l’ancora galleggiante per rallentare lo scafo (che non deve muoversi troppo velocemente per non vanificare l’azione) e per mantenere allo stesso tempo le lenze nella posizione desiderata.

Anche nella pesca a drifting questo accessorio può essere prezioso. Si pensi per esempio a un pescatore che si trova di fronte a una corrente marcata o a un vento non indifferente. In questa situazione, l’ancora galleggiante è fondamentale per mantenere le lenze sulla scia della pastura, allineando quindi nel modo corretto la barca alla deriva.

Gli utilizzi in caso di difficoltà

L’ancora galleggiante non viene certo usata solamente dal pescatore. Può essere usata dal gommonauta che vuole prendere il sole al largo, o può essere usata, ovviamente, in caso di difficoltà, per rendere più governabile una barca: molti diportisti sono pronti a giurare che l’utilizzo dell’ancora galleggiante a paracadute sia il modo migliore per salvarsi da una tempesta.

Va detto che gli esperti non sono tutti d’accordo su questo punto: secondo alcuni, durante una tempesta, il dispositivo perfetto non sarebbe tanto l’ancora galleggiante a paracadute, quanto invece la spera, quella che in inglese viene chiamata drogue, e che noi associamo, per l’appunto, all’ancora a trascinamento. Se quindi personalità come Lin e Larry Pardey parlando in modo entusiasta delle ancore galleggianti a paracadute nel libro “Storm Tactics Handbook”, tra i detrattori si contano personalità come Imre Vadasz. Quest’ultimo, che partecipò alla drammatica e maledetta Fastent del 1979 (durante la quale immense colonne d’acqua si infrangevano da 16 metri sui piccoli gusci nel mare celtico, con il tragico risultato finale di 15 skipper morti, 24 barche affondate, 194 ritirate), raccontò che «la differenza più rilevante tra un navigare in una tempesta ordinaria e una eccezionale sta nella forza delle onde frangenti che sono un pericolo immediato per l’equipaggio e che possono eventualmente compromettere l’integrità strutturale della barca. Mettersi alla cappa o alla cappa secca non era possibile durante il Fastnet; dovevamo correre con gli elementi.Correndo con il vento e il mare, anche senza alcuna vela, andavamo troppo veloci e andavamoin surf sulle creste con pericolo di traversarsi e capovolgersi. Capimmo che avremmo dovuto rallentare la barca in modo da restare in cima all’onda dietro alla cresta frangente. La mia soluzione improvvisata è stata di trainare quattro sacchi di vele con delle cime. Così la barca ha rallentato a circa due nodi e potevamo tenere il timone verso il mare d’Irlanda con molto mare libero. La nostra situazione di pericolo imminente cambiò così in una sicura e sostenibile. Tenemmo turni di due ore fino a quando la tempesta si calmò. Spero di non incontrare mai più un mare simile ma, se succedesse, userei una spera» (testo tradotto da Practical Boat Owner).

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Scritto da
Nicola Andreatta
Nicola Andreatta
Copywriter dal 2014, trentino dal 1987. La passione per la nautica è nata sulla prua di una piccola barca a vela sfrecciante nel lago di Caldonazzo: da allora è continuata a crescere, insieme alla sempre presente voglia di imparare - e condividere - qualcosa di nuovo su questo affascinante mondo.

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