Si è conclusa alcune settimane fa – possiamo dirlo, nel disinteresse generale – la Cop 29 di Baku, ovvero la conferenza Onu sul clima del 2024. Tante erano le speranze e le aspettative per questo nuovo summit, ma esperti e attivisti hanno raccolto infine una profonda delusione. Nonostante l’ovvia crisi climatica che sta scuotendo il pianeta, nonostante gli impatti sempre più devastanti dei cambiamenti climatici, il summit ha fallito. Poco, pochissimo è stato fatto per mettere in campo dei meccanismi capaci di rispettare quanto stabilito nel 2015 con gli Accordi di Parigi, per limitare quindi l’aumento della temperatura globale entro gli 1,5 gradi. E se i decisori politici non sono in grado di riformare il sistema nel suo complesso, diventa ancora più importante l’impegno dei singoli, per rendere la propria quotidianità meno impattante per l’ambiente. Torniamo quindi ancora una volta a parlare di sostenibilità in mare, proponendo delle strategie per una navigazione responsabile e rispettosa dell’ambiente.
L’inquinamento marino: alcune cifre
Sappiamo più meno tutti quali sono le principali cause del cambiamento climatico in corso: i responsabili sono i cosiddetti gas a effetto serra prodotti dall’uomo nei più diversi settori e aspetti della vita quotidiana, dai processi industriali al trasporto, per arrivare ai consumi energetici domestici. Ma non è certamente questa l’unica forma di inquinamento, e per andare verso una navigazione responsabile e più ecologica è fondamentale rendersene conto.
Quando si parla di inquinamento marino, la prima voce da tenere in considerazione è quella legata ai rifiuti, in particolar modo quelli di materiale plastico. Si parla quindi di sacchetti, di bottigliette, di scarpe, di tappi, via dicendo. Il WWF ha stimato che ogni anno finiscono in mare tra i 4,8 e i 12,7 milioni di tonnellate di rifiuti plastici. Ma si parla anche e soprattutto di microplastiche dalle origini più diverse: si pensi per esempio agli pneumatici delle nostre auto, soggetti a una continua abrasione durante l’utilizzo, con le microparticelle risultanti che restano sull’asfalto, per poi finire negli scoli insieme alla pioggia, e quindi in mare.
E certo, ci sono anche i rifiuti plastici prodotti da chi vive il mare: si parla delle reti di pescatori, ma anche dei rifiuti prodotti dai diportisti e gettati – consapevolmente o meno – in acqua. È così che si è formato il cosiddetto Pacific Trash vortex, l’enorme isola di plastica che galleggia nel Pacifico
Non è tutto qui, non solo di plastica si parla. Sono da tenere in considerazione i piccoli e grandi sversamenti di carburante, i concimi e i pesticidi che dalle coltivazioni agricole finiscono nei fiumi e quindi nei mari. E se la plastica va a mettere in pericolo i pesci, i concimi portano per esmepio a una crescita eccessiva delle alghe, che consumano l’ossigeno presente causando la morte di tantissime specie marine.
L’impatto ambientale del diporto
Come si può capire da quanto detto finora, l’argomento sostenibilità in mare va bene oltre il diporto: di certo, però, anche noi, con una navigazione responsabile ed ecologica, possiamo contribuire alla salvaguardia dei laghi, dei mari e degli oceani. Anche perché ogni volta che lasciamo gli ormeggi per regalarci qualche ora o qualche giorno di navigazione produciamo degli impatti, piccoli o grandi, sull’ambiente. Anzi, spesso inquiniamo ancora prima di lasciare gli ormeggi, mentre siamo ancora in porto. Vale sempre la pena di fatto ricordare in che modo un diportista può inquinare, così da poter effettivamente capire gli errori da correggere per una navigazione più sostenibile.
Potenziali impatti durante l’ormeggio
- L’utilizzo di prodotti per la pulizia della barca non biodegradabili
- Lo spreco di energia elettrica e di acqua dolce
- L’utilizzo di energia prodotta sfruttando combustibili fossili
- Lo scarico in mare di acque sporche
- L’uso di prodotti non sostenibili
- Rischio di sversamento accidentale di carburante durante il rifornimento
Potenziali impatti durante l’ancoraggio
- Danni alla vegetazione marina presente sul fondale
- Danni alla conformazione dei fondali rocciosi, rovinando l’habitat di diverse specie
Potenziali impatti durante la navigazione
- Emissione di gas a effetto serra
- Velocità eccessiva, con consumi elevati e creazione di onde, dannose per la vita marina e per la costa
- Sversamento (anche accidentale) di rifiuti in mare
- Inquinamento acustico
- Inquinamento luminoso
Potenziali impatti durante la manutenzione e il rimessaggio
- Utilizzo di vernici ad alto impatto ambientale
- Non corretto smaltimento di oli esausti e altri prodotti soggetti a usura o ricambio
- Non corretto smaltimento di rifiuti ingombranti
- Manutenzione parziale o insufficiente, con conseguente durata ridotta degli accessori e della barca stessa,
- Sostenibilità in mare: strategie per una navigazione responsabile
Partendo dalla conoscenza dei principali impatti che la vita del diportista può avere nelle sue varie fasi, diventa relativamente facile mettere in campo delle strategie per una navigazione responsabile, ogni giorno. Ecco che allora, per esempio, si cercheranno di utilizzare delle vernici antivegetative a ridotto basso ambientale, nonché dei prodotti per la pulizia della barca sostenibili, e quindi tendenzialmente biodegradabili.
Ma sono davvero tante le accortezze che compongono una navigazione responsabile: di certo poter montare sulla barca un motore fuoribordo elettrico potrebbe fare una enorme differenza, così da eliminare le emissioni di gas nocivi, facendosi eventualmente aiutare da dei pannelli fotovoltaici per incrementare l’autonomia della barca. I velisti, da parte loro, farebbero bene a sfruttare il più possibile la propulsione velica, forma di navigazione responsabile e sostenibile per eccellenza.
Pensiamo anche al momento dell’ancoraggio: per salvaguardare il fondale sarebbe bene avere delle informazioni sulla zona in cui si desidera gettare l’ancora, usando a questo proposito le carte nautiche, l’ecoscandaglio o delle “ancore intelligenti” provviste cioè di videocamera.
E ancora, ogni acquisto legato all’attività di diporto – dai rifornimenti per la cambusa ai pezzi di ricambio – dovrebbe essere accompagnato da una riflessione sull’effettiva sostenibilità della scelta. Ecco che allora la preferenza dovrebbe andare, quando si tratta per esempio della spesa alimentare, verso i prodotti a chilometro zero, di stagione, con un packaging ridotto o assente.
È insomma fondamentale capire che gran parte delle nostre azioni, quando si parla di diporto e non solo, presentano diversi percorsi possibili, alcuni a maggiore impatto ambientale, alcuni più rispettosi: lo sforzo che dobbiamo fare ogni giorno è interrogarci sempre sulla via capace di garantire una navigazione responsabile, sostenibile e amica dell’ambiente.