Esistono moltissime tecniche di pesca che gli appassionati di tutto il mondo possono praticare per esercitare la loro attività preferita all’aria aperta.
Tra tutte queste tecniche, quella che forse rappresenta l’apice di tutte è quella della pesca a drifting, resa famosa soprattutto per le grandi battute con bersaglio il tonno gigante, caratterizzate da combattimenti adrenalinici e da enormi soddisfazioni in caso di successo.
Abbiamo già trattato di questa disciplina in un articolo dedicato, In questo approfondimento, scenderemo maggiormente nei dettagli per quanto riguarda tutti i particolari della pesca a drifting dalla barca: dall’equipaggiamento (canna da pesca, mulinello, lenza ecc.) fino al periodo dell’anno in cui praticarla al meglio e anche ai trucchi per aumentarne l’efficacia.
Preparate l’attrezzatura e controllate la trasmissione del motore fuoribordo del vostro fedele vascello: partiamo per una battuta di drifting!
Pesca a drifting: informazioni preliminari e capisaldi
Come per ogni tecnica di pesca specifica, occorre per prima cosa scendere in qualche dettaglio preliminare che ne spieghi al meglio i tratti specifici e gli elementi che la differenziano dalle sue controparti.
Per prima cosa, uno degli autentici e irrinunciabili capisaldi della pesca a drifting è senza dubbio l’utilizzo della sarda come esca. Questo piccolo pesce rappresenta il magnete perfetto per le prede a cui questa tecnica punta, ma necessita una continua pasturazione dell’area di pesca (secondo il particolare metodo conosciuto come “strisciata“). La pastura dovrebbe essere sempre a base di sarda…ma nulla impedisce di rafforzarla con qualche pastura e additivo di qualità. Anche l’ausilio di un apposito pasturatore può risultare molto utile in questo senso per ottimizzare i tempi e risparmiare preziose energie.
Un secondo requisito fondamentale è invece costituito dal tipo di barca da utilizzare per il drifting. Cosa significa questo? Semplicemente, che la barca che usiamo deve essere in grado di allontanarsi dalla costa anche per distanze importanti (circa 15 miglia) senza lesinare su spazio a bordo, sicurezza e comodità.
Fatte queste premesse, scendiamo nei dettagli e vediamo qualche consiglio sui componenti dell’attrezzatura da portare con sé per svolgere al meglio questa disciplina.
Pesca a drifting: canna da pesca, mulinello, lenza ed equipaggiamento della barca
Per una battuta di pesca a drifting di successo, è fondamentale che il proprio equipaggiamento sia adeguato e adeguatamente controllato. Dividiamo l’ispezione in settori fondamentali.
La barca
Se partiamo dalla barca, dobbiamo per prima cosa assicurarci che questa sia dotata di un GPS preciso, di un ecoscandaglio altrettanto preciso (Raymarine o Garmin presentano le migliori garanzie) e di una sedia da combattimento con un’imbragatura in perfette condizioni. Quando si combatte con un pesce da 200 e più chilogrammi, infatti, è ovviamente preferibile avere un ancoraggio stabile sul ponte della barca.
Chiaramente, la sedia non è necessaria se si sceglie di esercitare questa tecnica nella sua variante “Stand up”: in questo caso, come il termine suggerisce, la pesca avviene rimanendo in piedi, ma a questo proposito occorre essere molto allenati per sopportare al meglio il grande sforzo fisico del duello con la preda e non finire per “volare” fuoribordo durante il combattimento!
La canna da pesca
Scendendo nei dettagli relativi alla canna da pesca per il drifting, occorre precisare che ne esistono due diversi tipi utilizzabili a seconda della variante scelta.
- Stand up: parliamo di canne da pesca più corte e maneggevoli del normale, con una lunghezza intorno al metro e settanta. Sono naturalmente progettate per essere più maneggevoli nell’assecondare i movimenti del pescatore che rimane in piedi grazie al fulcro più basso, e sono utilizzate al meglio in abbinamento con una panciera renale da agganciare al mulinello.
- Sit down: come intuibile, si tratta della variante da impiegare per il drifting da seduti. In questo caso, parliamo di canne con una lunghezza di circa 2,10 metri, che consentono di ammortizzare al meglio lo sforzo soprattutto se utilizzate in sinergia con un giubbino da combattimento.
Indipendentemente dalla canna da drifting scelta, comunque, è fondamentale verificare che i passanti siano di qualità. Solitamente, per questa tecnica si prediligono i passanti a carrucola a quelli ad anello per il minor attrito prodotto dalla lenza (solitamente di nylon) sui componenti, ma il livello di manutenzione da applicare nel primo caso è molto più alto. Gli anelli, comunque, non sono da scartare a priori, soprattutto se di materiali appositamente studiati per minimizzare il logoramento da attrito come il carburo di silicio.
Il mulinello
Per questa particolare disciplina, la scelta si riduce tra mulinelli a tamburo rotante e mulinelli con freno a leva. In questo secondo caso, il freno consente di impostare la frizione del mulinello a un livello stabilito in precedenza grazie all’utilizzo del dinamometro. A ogni modo, qualsiasi sia il tipo di mulinello da drifting scelto, conviene fare attenzione a certe caratteristiche.
- Capacità: il componente ideale dovrebbe poter imbobinare una quantità di lenza di almeno 600 metri per poter andare sul sicuro e contrastare senza problemi il 90% delle fughe delle prede.
- Robustezza del corpo: stiamo andando a pesca dei pesi massimi del mare, è naturale che questa caratteristica risulti fondamentale. Durante il combattimento, le trazioni e le torsioni mettono sotto notevole stress il mulinello, soprattutto se agganciato ai vari tipi di imbragatura da combattimento.
- Qualità di dischi e meccanica: visto l’attrito notevole a cui vengono sottoposte le varie componenti del mulinello, è fondamentale che siano di primissima qualità per resistere al meglio e più a lungo possibile. Un investimento iniziale leggermente più alto per la qualità è sempre preferibile a dover buttare via un mulinello una volta che il danno è stato già stato fatto.
In ogni caso, la manutenzione del mulinello non dovrebbe mai essere trascurata in seguito a ciascuna battuta di pesca per mantenerne al massimo le prestazioni e aumentarne la vita utile al massimo.
Il tonno rosso: la preda principale…ma non la sola
Parlando di drifting, è quasi automatico che i pescatori avvezzi a questa tecnica la associno immediatamente all’immagine di un grosso tonno preso all’amo che si dibatte. Tuttavia, la pesca al tonno non rappresenta l’unica tipologia di drifting che gli appassionati possono praticare.
Praticando questa disciplina nelle acque del “Mare Nostrum”, infatti, è possibile insidiare anche prede quali le verdesche, i pesci volpe e i pesci spada solo per citare alcuni dei bersagli più resistenti e intriganti da catturare.
Quando dedicarsi al drifting al meglio
Come per ogni altra tecnica di pesca, anche per il drifting esistono momenti dell’anno in cui è più facile, o per lo meno più probabile, ottenere un successo. Ovviamente, quanto diciamo qui si applica per le battute di pesca nelle acque italiane e in quelle del Mediterraneo: nel caso in cui voleste conoscere qualche meta alternativa ed extraeuropea per praticare il drifting, date un’occhiata a questo nostro articolo sulle migliori mete per la pesca in barca che abbiamo pubblicato di recente.
A ogni modo, per rimanere a pescare tra le onde del “Mare Nostrum”, si può concordare in linea di massima che il periodo maggiormente favorevole sia quello che va dalla primavera inoltrata (inizi di maggio) fino alla metà di ottobre. Mantenendo il focus sulla preda per eccellenza di questa disciplina, ovvero il già citato tonno gigante, la forbice si accorcia leggermente e si riduce al periodo che va da giugno a settembre se parliamo dei momenti più indicati.