Oggi vogliamo parlare di pesca sostenibile. Il termine “sostenibilità”, si sa, in questi ultimi anni è utilizzatissimo, persino abusato: il rischio è quello perdere di vista quello che è il suo significato reale. Ecco che allora vogliamo precisare l’obiettivo di questa guida dedicata alla pesca sostenibile, ovvero dare dei consigli per ridurre al minimo l’impatto ambientale della pesca sportiva, a 360 gradi. Pescare in modo sostenibile e responsabile vuol dire quindi ridurre per quanto possibile l’impatto sulla fauna marina, ma anche rispettare la flora marine, lacustre e circostante; ma anche portare a casa i rifiuti e differenziarli, nonché scegliere accessori per la pesca a loro volta sostenibili, evitando lo spreco di risorse. Come si può capire fin da qui, insomma, ci sono tante, tantissime vie da seguire per una pesca sportiva più sostenibile: si tratta quindi di un percorso da percorrere nel tempo, con calma, nella consapevolezza che a ogni uscita si potrà ridurre ulteriormente il proprio impatto ambientale con una piccola attenzione in più.
Pesca sostenibile: si parte dalla selezione delle prede
Da dove inizia la pesca sostenibile? Comincia dalla selezione delle prede, affermazione che va presa in considerazione da diverse prospettive. Prima di tutto è quindi bene che la pesca sportiva – come del resto dovrebbe accadere anche per la pesca di stampo professionistico a fini commerciali – si tenga ben lontana non solo dalle specie protette, ma anche da quelle che sono a rischio.
I ragionamenti e i numeri da riportare qui potrebbero essere tantissimi. Sappiamo per esempio che – come riportato dalla FAO – più del 30% degli stock ittici a livello globale è sovrasfruttato, mentre per quasi il 60% si parla di uno sfruttamento al limite delle sue capacità di riprodursi. Nel Mediterraneo la situazione è ancora peggiore, con il WWF ad affermare che il 73% degli stock ittici viene sfruttato al di fuori dei limiti biologicamente sostenibili.
Al di là delle specie protette, è bene sapere che ci sono pesci che per loro natura sono particolarmente resistenti e prolifici: pensiamo alle sardine o, per fare un altro esempio, agli sgombri. Come si può immaginare è bene imparare il più in fretta possibile a riconoscere i pesci, per una selezione il più possibile efficace: non solo in termini di specie, ma anche in termini di taglia minima, e nel pieno rispetto della stagionalità del ciclo produttivo delle varie specie (aspetto sul quale torneremo più tardi).
Da tutto questo si può capire che di per sé, in generale, la pesca sportiva è già di per sé un’attività abbastanza sostenibile: per come viene fatta con la canna da pesca oppure (e ancora di più) con il fucile o arbalete durante la pesca in apnea, infatti, il rischio di catture involontarie viene ridotto al minimo, con la preda che può essere selezionata e soppesata ancora prima di uscire dall’acqua.
Questo discorso ovviamente non si può fare per altre tecniche di pesca tutt’altro che sostenibili e spesso usate nel settore commerciale, a partire dalla pesca a strascico, dove la selezione delle prede è di fatto impossibile (senza dimenticar e il fatto che le reti calate in profondità possono distruggere interi habitat sui fondali marini).
Si capisce quindi che la pesca sportiva come viene fatta in generale è già di per sé un tipo di pesca sostenibile; è possibile e consigliabile fare di meglio aumentando le proprie conoscenze, per capire nel modo più esatto possibile qual è il pesce che si sta effettivamente pescando, dalla specie alla taglia.
La pesca sportiva No-Kill: il catch & release
Non si può fare una guida sulla pesca sostenibile senza citare l’opzione sempre più praticata del No-Kill, ovvero la pratica del Catch & Release, traducibile semplicemente in Cattura & Rilascia: come abbiamo spiegato in una pagina dedicata, si tratta di una tecnica di pesca sostenibile che permette di divertirsi con la canna da pesca senza però uccidere nessun pesce. Qui si parla infatti di puro sport, senza che nessun pesce sia portato a casa e messo in frigorifero.
Quello della pesca Catch & Release è però un discorso piuttosto delicato: per praticare in modo corretto la pesca No-Kill, e per avere effettivamente la certezza di non compromettere la vita dei pesci, è bene affrontare questa attività con una grande e costante attenzione. Non ha infatti alcun senso rilasciare un pesce gravemente ferito, come è bene sapere che un lungo combattimento potrebbe portare a una eccessiva produzione di acido lattico, che potrebbe comunque condurre alla morte del pesce poche ore dopo il rilascio. E ancora, il rilascio del pesce dovrebbe essere velocissimo facendo attenzione a slamare con attenzione la preda e a toccarla il meno possibile. Ci sarebbe poi tutto il discorso relativo a determinate specie di pesci che vivono in profondità: oltre un certo limite, infatti, la pratica del Catch & Release è inutile, per via del barotrauma causato dalla differenza di pressione.
Quindi sì, indubbiamente il Catch & Release è una tecnica di pesca sostenibile, ma è altrettanto certo che questa pratica deve essere ben padroneggiata, per essere certi di ridurre il proprio impatto sulla fauna acquatica.
L’attrezzatura per la pesca sostenibile
Non solo tecniche: la pesca sostenibile è anche una questione di accessori e strumenti. In linea di massima si può dire che – come in qualsiasi campo – la qualità degli strumenti usata va di pari passo con la sostenibilità. Il concetto di fondo è semplice: migliore è la qualità costruttiva, migliori sono i materiali usati, maggiore sarà la durata dell’oggetto, così da ridurre l’impatto ambientale del suo utilizzo. Pensiamo per esempio a una canna da pesca: molto meglio acquistarne una di qualità e curarla nel tempo, per farla durare parecchi anni, piuttosto che acquistare delle canne da pesca di qualità infima, che dureranno poco, e che quindi andranno sostituite spesso. Si produrranno così più rifiuti, e si domanderanno nuove risorse – a livello di materiali, di energia, di acqua – per produrre nuovi accessori.
Ecco che allora sarà bene prediligere ami resistenti, mulinelli robusti, lenze adatte al tipo di pesca e al tipo di preda, così da ridurre al minimo le rotture, le perdite in acqua, gli sprechi.
Per una pesca in barca sostenibile
Non possiamo poi dimenticare il fatto che negli ultimi anni chi pesca in barca può farlo utilizzando dei propulsori a zero emissioni. E sì, proprio nel mondo della pesca i motori elettrici marini possono dare il meglio, sapendo che nella maggior parte dei casi il pescatore ha necessità ridotte in fatto di performance e di autonomia. Ecco che allora i trolling motor elettrici sono imbattibili, così come più in generale i fuoribordo elettrici permettono di avvicinarsi allo spot di pesca in modo del tutto silenzioso, senza disturbare o spaventare le prede.
Non ci sono dubbi: il motore elettrico per la barca rappresenta un salto di qualità notevole in fatto di navigazione e pesca sostenibile, ed è un obiettivo al quale tutti, dal diportista al cantiere nautico, dovrebbero puntare.
Pochi rifiuti, da portare a casa
Pescare in modo sostenibile vuol dire anche produrre meno rifiuti possibili. E certo questo è un discorso che può essere molto ampio. Pensiamo alle confezioni degli ami e delle altre minuterie per la pesca sportiva: sarebbe bene prediligere confezioni con più prodotti, per ridurre il packaging necessario, nonché ovviamente dare la preferenza a prodotti con un packaging ridotto, meglio se di carta anziché di plastica. E questo ragionamento sarebbe da fare per tutto quello che rientra nell’organizzazione dell’uscita di pesca, fino agli snack!
È inoltre molto importante ricordarsi di portare tutto a casa, lasciando lo spot perfettamente pulito, come lo si è trovato – o persino meglio – per fare poi diligentemente la raccolta differenziata.
Pesca sostenibile: rispettare i divieti di pesca e i ritmi della natura
Va da sé che una pesca sostenibile deve essere fatta nel pieno del rispetto delle normative che regolano la pesca sportiva, leggi che sono state costruite per l’appunto – in buona parte – per proteggere la fauna di oceani, mari, laghi e fiumi.
Certo, non tutte le norme che regolano la pesca sportiva hanno un’origine legata alla protezione della natura: per esempio, a partire da aprile in genere è vietato pescare direttamente dalla spiaggia, ma solo e unicamente perché questa pratica potrebbe “urtare” con la stagione balneare.
Altre volte invece le leggi sono motivate proprio dalla tutela delle specie marine, in base ai loro cicli riproduttivi: ecco che allora in linea di massima il luccio non si pesca tra febbraio e marzo, che la tinca è vietata tra maggi e giugno, che la trota deve essere lasciata in pace da fine settembre a fine aprile, e così via.
Tutto questo sapendo che il pescatore più attento nonché più esperto potrebbe espandere ulteriormente questi periodi di pausa, conoscendo bene i comportamenti di determinate specie in specifici climi e luoghi.
Pesca sportiva: un potenziale alleato dell’ecosistema
Siamo giunti quasi al termine di questa guida legata alla pesca sostenibile. Vogliamo però aggiungere un’ultima cosa: la pesca sportiva, se bene gestita, con le dovute attenzioni, con le più corrette conoscenze e con gli accessori da pesca giusti, può diventare in realtà un prezioso alleato dell’ecosistema marino o lacustre. Come detto la pesca sportiva può essere a ridotto impatto ambientale proprio grazie alla sua caratteristica selettività: ebbene, il pescatore formato e informato potrebbe essere in tal senso un guardiano importantissimo per combattere l’invasione delle specie aliene, problema tutt’altro che trascurabile nel Mediterraneo come in tanti laghi (si pensi per esempio al gamberetto killer nel lago di Garda).