Quando si esce con la barca si desidera sempre che tutto sia perfetto. Ma non si può certo pretendere di salire sempre su una barca perfettamente pronta e pulita: non c’è nessuna fatina che lì, in banchina, provvede alla manutenzione e alla pulizia della barca al posto nostro! Nossignore, per avere una barca in buono stato, tale da poter essere utilizzata in modo sereno e soddisfacente, è necessario dedicare regolarmente del tempo alla sua cura. E questo significa anche pulirla: così come ogni giorno bisogna dedicare un po’ di tempo alla pulizia della casa, per spazzare, dare lo straccio e spolverare, così anche le nostre barche hanno bisogno di un’attenzione continua e regolare nel tempo.
Ci sono interventi pesanti e onerosi in termini di tempo, che devono essere fatti solamente una o due volte all’anno, e ce ne sono invece altri più semplici che vanno ripetuti più spesso, per rinfrescare la barca e mantenerla bella da guardare e comoda da vivere. Certo, il momento clou per quanto riguarda la pulizia della barca è la fine del rimessaggio invernale, quando, durante le prime giornate di caldo, si decide di togliere il telo copribarca e rimettere in sesto la nostra unità di diporto. Sicuramente il telo copribarca avrà fatto il suo compito, proteggendo l’imbarcazione dall’accumulo eccessivo di polvere, dall’azione degli animali, dagli occhi indiscreti e, nel caso dei rimessaggi invernali esterni, dagli agenti meteorologici e dagli animali. Ma il telo copribarca non può certi fare miracoli: non si può pensare di toglierlo e di avere una barca perfettamente pulita!
Ecco dunque che, in questo post, elencheremo quelli che sono i principali interventi da fare per avere una barca pulita, durante la stagione e/o al termine del rimessaggio invernale.
La pulizia dello scafo
Pulire la barca non è certo come pulire la propria automobile: non basta recarsi al più vicino autolavaggio, infilare qualche moneta per azionare le spazzole e poi passare all’aspirapolvere. Non è così veloce, e nemmeno così facile. Partiamo dalla ‘carrozzeria’ della barca, e quindi dal suo scafo, la parte che più di tutte le altre è esposta alle minacce marine, essendo sommersa in acqua. I motivi per pulire lo scafo della nostra barca con attenzione sono tanti e diversi: per proteggerlo dall’azione dei crostacei e delle alghe, per mantenerlo bello da vedere, per eliminare l’attrito e via dicendo.
Ma come si pulisce lo scafo della barca in modo efficace e facile? Ebbene, di solito si parte proprio dalla parte più ‘difficile’, ovvero dall’opera viva, che essendo quella sommersa in acqua è sia più sporca che, tendenzialmente, più difficile da raggiungere. Ovviamente lo scafo può essere pulito con calma al momento del rimessaggio invernale, una volta tirata a secco la barca, per essere poi lucidato nuovamente poco prima di tornare in acqua, e quindi qualche istante prima di dare l’indispensabile antivegetativa – la quale serve per l’appunto per fornire un’ulteriore protezione allo scafo.
Di certo, però, non è possibile tirare a secco la barca tutte le volte che bisogna pulire lo scafo! Ecco dunque che bisogna trovare delle soluzioni per pulire lo scafo con la barca in acqua, così da preparare l’imbarcazione al meglio per affrontare una crociera o una regata. Non è dunque affatto raro vedere dei diportisti che, armati di lunghissimi pali ricurvi frutto dell’ingegno individuale, si sporgono dalle battagliole per strofinare l’opera viva della barca, per eliminare alghe e altri depositi presenti sulla carena.
Va sottolineato che, per pulire in questo modo lo scafo, non serve più costruire artigianalmente dei lunghi spazzoloni con varie prolunghe – i quali solitamente si staccano o si deformano durante l’utilizzo: da qualche tempo anche in Italia è infatti disponibile lo spazzolone pulisci carena Scrubbis. Si tratta di un lungo bastone smontabile ed estensibile, che può arrivare a una lunghezza massima di 320 centimetri e che permette di pulire la carena della barca in modo veloce e semplice, così da avere sempre uno scafo perfetto. La pulizia frequente dello scafo della barca con un sistema come Scrubbis, tra l’altro, permette di mantenere questo lavoro come un’occupazione semplice e veloce, che richiede solo una manciata di minuti. Va infatti detto che, se pulito ogni 2-3 settimane, uno scafo sommerso non potrà che presentare della vegetativa morbida, e dunque assolutamente comoda da togliere con poche passate di spazzolone.
Non va, però, sempre così: talvolta tra una pulizia e l’altra dello scafo passa parecchio tempo, tanto da rendere le incrostazioni sulla carena particolarmente difficili da rimuovere. Il quel caso le soluzioni sono due. O la barca viene tirata a secco, così da approfittarne per realizzare qualche eventuale intervento di manutenzione, oppure si evita la spesa dell’alaggio, e si propende dunque per l’immersione. In questo ultimo caso, difficilmente si potrà lavorare in modo soddisfacente semplicemente trattenendo il fiato: ecco dunque che diventa importante organizzarsi al meglio, armandosi di una piccola bombola di ossigeno che consenta di rimanere a lungo sott’acqua, a stretto contatto con l’opera viva, senza la preoccupazione di dovere continuamente tornare in superficie a rifiatare. A far bene, quindi, per pulire in immersione lo scafo della barca – oltre alla spazzola e alla spugna – sarà bene attrezzarsi di bombola di ossigeno (in commercio ne esistono di piccole e leggere) di maschera, di erogatore, di manometro, di cintura impiombata e, se le acque non sono abbastanza calde, di una muta.
Lo scafo, però, non è certo costituito dalla sola opera viva. Pulire le carene della barca significa infatti pulire anche l’opera morta, ovvero quel tratto di scafo che resta al di sopra delle onde, e che dunque è meno esposto ad agenti come le alghe, ma che resta invece sotto gli occhi di tutti. Ecco dunque che è importante impegnarsi anche nella pulizia di questa area, la quale è senz’altro più facilmente raggiungibile della parte inferiore dello scafo. Anche in questo caso ci si può armare di spazzolone. Molto spesso, però, per avere un risultato soddisfacente non serve pulire con lo spazzolone: per ridare bellezza all’opera morta, nel caso delle barche in vetroresina, è necessario utilizzare del polish lucidante, e quindi un prodotto pensato appositamente per ripristinare la lucentezza del gelcoat (il quale è sotto continua minaccia della salsedine, che minaccia la resina, la rende opaca e, sul lungo termine, porosa).
[ps_product_list id_product=1865,1866]
Talvolta, nella pulizia dell’opera morta, ci si trova a fronteggiare delle vere e proprio macchie, o magari dei segni particolarmente ostinati. Possono essere la traccia della linea di galleggiamento, gli striscioni lasciati dai parabordi o delle tracce di grasso. In questi casi, né lo spazzolone né ovviamente il polish lucidante possono essere sufficienti: molto meglio usare degli sgrassanti e dei detergenti nautici, e quindi appositamente pensati per affrontare queste macchie e questi ‘inestetismi’ senza rovinare la vernice sottostante (come invece potrebbero fare i tradizionali detergenti domestici)
Pulire le barche in vetroresina
La coperta, i pozzetti, gli interni in vetroresina: non si può certo dire che questi elementi restino puliti a lungo. Si scrive tanto, tantissimo sulla pulizia dello scafo, ma non si spendono mai troppe parole per la pulizia della coperta, dei pozzetti e delle superfici diamantate. Certo, qui ci sono meno misteri da affrontare, e non serve procurarsi una bombola d’ossigeno. Anche quassù, però, è necessario muoversi nel modo giusto, per non sprecare tempo, per avere un risultato soddisfacente e per non rischiare di rovinare la propria imbarcazione.
Ecco quindi che, prima di iniziare con il lavaggio vero e proprio della coperta, è sempre il caso di partire con l’aspirazione, un passaggio che spesso viene saltato a piè pari. Ma questo è un errore, perché una buona parte della sporcizia è superficiale e volatile, e può essere eliminata senza sforzi grazie a un buon aspiratore a bidone. L’aspirapolvere si rivela utile soprattutto per pulire i piccoli anfratti e le congiunture, lì dove altrimenti sarebbe difficile arrivare.
Una volta aspirata tutta la coperta è possibile passare al lavaggio, con la certezza di avere eliminato tutta la parte della sporcizia mobile: da qui in avanti, dunque, si avrà a che fare con le sole macchie e con gli aloni. In questa fase ci si arma di spugna, di spazzolone e di detergente nautico, capace di pulire e sgrassare il vetroresina senza attaccarlo, e quindi senza renderlo opaco e debole. Nelle parti diamantate, più resistenti, ci vorrà un bel po’ di olio di gomito, per pulire senza paura tra un rilievo e l’altro. Dove la vetroresina si presenta liscia, invece, si potrà procedere più lievemente, usando una spugna in grado di grattare via le macchie senza lasciare segni. Al termine dell’operazione, ovviamente, bisognerà risciacquare il tutto con abbondante acqua dolce, così da eliminare i residui di sporco e di detergente nautico.
Nel caso di macchie più ostinate, come per esempio quelle lasciate dalla ruggine, sarà il caso di ricorrere a dei detergenti nautici speciali, più potenti ma sempre rispettosi del vetroresina.
La pulizia della sentina
Tra i luoghi più sporchi di una barca ci sono stabilmente le sentine, ovvero i luoghi in cui tutti i liquidi finiscono per raccogliersi, per essere eliminati attraverso la pompa. Qui non mancano le colate di grasso, le incrostazioni di sale e via dicendo. Ecco dunque che, per evitare cattivi odori, per non minacciare le pompe di sentina e per non compromettere le pareti di questi pozzetti, si rende utile di tanto in tanto la pulizia di questi ambienti. In questi casi si consiglia sempre di usare un prodotto specifico per la pulizia delle sentine, ovvero il detergente Sentinet di Silpar TK: alcuni diportisti, in caso di incrostazioni importanti, ‘allagano’ la sentina con dell’acqua dolce, aggiungono qualche litro di Sentinet e lasciano lavorare per mezza giornata.
La pulizia del teak
Per quanto riguarda la pulizia del teak è sempre meglio seguire attentamente le regole, per non rischiare di rovinare questo prezioso materiale. Perché sì, questo particolare legno, grazie ai suoi oli naturali, è capace di resistere come nessun altro in mezzo al mare, ma solo a patto di essere trattato con cura, utilizzando i migliori prodotti. È dunque necessario pulirlo in modo delicato, senza rischiare di asportare gli oli, usando acqua dolce, spazzole morbide e detergenti appositi, come i famosi prodotti della linea Teak Wonder. In caso di bisogno, dopo aver utilizzato il detergente, è possibile trattare il teak con dello sbiancante, ovvero con un prodotto in grado di combattere e di eliminare l’inscurimento tipico di questo legname: il prodotto di riferimento, in questo caso, è Teak Wonder Brightener.
[ps_product_list id_product=259,260,261]
La pulizia degli interni
Dopo aver pulito lo scafo, la coperta, le sentine e l’eventuale teak, è il momento di dedicarsi agli interni. In certe barche questo passaggio, per la piccolezza degli interni stessi, è subito portato a termine, senza grandi sforzi. In altre imbarcazioni, invece, la pulizia degli interni rappresenta una sfida notevole. Sì, perché avere degli interni sporchi o comunque non curati non significa solo avere a che fare con un ambiente poco bello o confortevole, ma anche potenzialmente con un ambiente poco salubre, abitato per esempio da muffe, acari e batteri. Non bisogna dimenticarsi, infatti, che quello della barca è un contesto particolare, soggetto a delle minacce che i nostri appartamenti nemmeno si immaginano.
Gli interni di una barca rimasta ferma da qualche tempo devono prima di tutto prendere un po’ di aria, e dunque essere aspirati e spolverati, controllando la presenza di eventuali muffe – da trattare con prodotti specifici. Ogni singola superficie deve poi essere trattata con il detergente giusto, senza fare l’errore di usare lo stesso detergente per la vetroresina, per i mobili in legno della cucina e per l’acciaio dei fornelli. Tutti i tessuti presenti – e non parliamo certo delle sole vele, ma anche delle coperte, delle tende, dei materassi , delle lenzuola e via dicendo – devono essere sbarcati, lavati e lasciati a respirare per un po’, per poter eliminare l’inevitabile umidità raccolta nel tempo.
La pulizia delle vele
I velisti devono pensare anche a fare il bucato, ovvero alla pulizia delle vele. Abbiamo dedicato un intero articolo alla manutenzione delle vele della barca: qui faremo quindi un veloce riassunto delle azioni necessarie per la pulizia delle vele, per completezza. Lavare le vele non significa solamente farle risplendere nel loro colore originale, ma anche e soprattutto liberarle dalla minaccia del salino, il quale nel tempo finisce per rendere la vela più rigida, andando a indebolire la resistenza del tessuto con cui è realizzata. Per questo, quindi, le vele devono essere lavate con acqua dolce, per andare a eliminare il sale accumulato durante la navigazione.
Certo, lavare le vele non è per nulla facile. C’è chi si mette al lavoro nella propria vasca da bagno, o chi prende in prestito la piscina gonfiabile dei figli o dei nipotini, così da poter lasciare in ammollo le vele per ore senza arrecare fastidio a nessuno. La tecnica migliore è quella di lasciare in ammollo le vele da pulire almeno per 24 ore, così da avere la certezza di eliminare tutto – o quasi – il salino, cambiando completamente l’acqua 3 o 4 volte. Nei primi due passaggi di ammollo basterà semplicemente dell’acqua dolce, senza nessun detersivo; negli ultimi due o nell’ultimo passaggi si aggiungerà invece del detergente per vele, nella proporzione riportata dal produttore. Parliamo di detersivi specifici, realizzati appositamente per il lavaggio efficace delle vele, senza il rischio di aggredire o di indebolire il loro tessuto.
Quando anche l’ultimo copricuscino sarà stato lavato e asciugato, sarà finalmente possibile guardarsi intorno soddisfatti e, finalmente, salpare con una barca perfettamente pulita, da poppa a prua!
Ottimo articolo!
Aria, bombole riempite di aria non ossigeno.