Sebbene possa sembrare improbabile, il ritrovamento di una imbarcazione o di un oggetto alla deriva durante la navigazione è un’eventualità che può verificarsi, e che risulta quindi normata dagli appositi articoli del codice della navigazione.
Per evitare appropriazioni indebite e controversie, infatti, ciascun oggetto rinvenuto in mare o sul litorale deve essere denunciato all’autorità marittima competente secondo precise modalità, con l’autore del ritrovamento che ha diritto a un rimborso delle spese sostenute e a un premio, corrisposto come compenso in proporzione al valore dell’oggetto ritrovato.
Diamo un’occhiata quindi a quali sono i dettagli disciplinati dalla legge nel caso in cui questa situazione si verificasse, ricordando comunque che la sicurezza in barca viene sempre e comunque prima di tutto il resto. Per questo, consigliamo un piccolo ripasso delle 5 regole d’oro da tenere sempre a mente a bordo.
Ritrovamento barca o oggetto in mare: cosa dice la legge
Capita più spesso di quel che si pensi di ritrovare oggetti come zattere, vele, gommoni o moto d’acqua/scooter durante la propria crociera in barca. A volte, addirittura, può capitare di imbattersi in intere imbarcazioni senza traccia dell’equipaggio.
Di primo acchito, verrebbe da pensare di potersi appropriare senza problemi dell’articolo o della barca rinvenuta, ma così facendo si incorrerebbe nel rischio di un’accusa di appropriazione indebita. Inutile sottolineare quanto questo potrebbe comportare pesanti sanzioni sia su iniziativa dell’autorità marittima che del legittimo proprietario dell’oggetto o del natante.
Per evitare problemi, la legge prescrive che il ritrovamento avvenuto in mare di qualsiasi oggetto di valore debba essere denunciato all’autorità marittima competente entro 3 giorni dal momento in cui si arriva a terra, con la necessità di avvisare la guardia costiera tramite VHF in caso di ritrovamento al largo. In questo modo, è più semplice per le autorità ricollegare l’oggetto in questione a eventuali yacht scomparsi, a reati su cui si sta indagando o, nella peggiore delle ipotesi, a naufraghi e dispersi le cui ricerche sono in corso.
La procedura da svolgere scesi dalla propria imbarcazione
Arrivati a terra e presentata apposita denuncia, gli oggetti vengono presi in custodia dall’autorità marittima, che procede a redigere un verbale con tutte le informazioni del caso (tipo di articolo, stato di conservazione, luogo di ritrovamento, identità dello scopritore ecc. ecc.). In questa fase, avvalendosi se necessario anche dell’aiuto di un perito nautico, viene stimato il valore dell’oggetto, che come vedremo riveste un’importanza chiave nelle fasi successive.
Oltre al rimborso spese per la movimentazione, infatti, l’autore del ritrovamento ha diritto a ricevere un compenso a mo’ di premio. L’ammontare della ricompensa corrisponde a un terzo del valore dell’oggetto se il ritrovamento è avvenuto in mare, o a un ventesimo dello stesso nel caso in cui l’articolo sia stato trovato su una spiaggia o su un altro terreno demaniale.
Chi corrisponde la ricompensa?
Generalmente, l’obbligo di ricompensa è a carico del proprietario nel momento in cui torna in possesso dell’oggetto smarrito. Nel caso in cui rimanesse ignoto, invece, è l’autorità marittima a dare soddisfazione allo scopritore dell’oggetto, ma in questo frangente esistono delle tempistiche precise.
Una volta entrata in possesso dell’oggetto, infatti, la guardia costiera pubblica un avviso di ritrovamento che deve obbligatoriamente rimanere affisso per almeno tre mesi notificando a chi abbia il diritto di presentarsi a reclamare l’articolo in questione.
Nel momento in cui per sei mesi nessuno dovesse presentarsi, l’autorità provvede a vendere il bene e a depositare l’incasso (al netto della ricompensa per lo scopritore e delle spese di gestione) presso un istituto bancario.
Nel caso in cui entro due anni nessuno degli aventi diritto sul bene venduto si presentasse a reclamare la somma, ecco che questa verrebbe devoluta alla Cassa Nazionale per la Previdenza Marittima.