Rolex Sidney to Hobart. Dalla tragedia al nuovo concetto di sicurezza.

Ripercorriamo la storia della regata che ha cambiato il concetto di sicurezza dopo una delle tragedie del mare rimaste indelebili.

Torniamo in Oceano per parlare di una regata tra le più difficili, che passa lungo il famigerato stretto di Bass.
Ci spostiamo quindi dall’altra parte del mondo per la Rolex Sidney to Hobart.

Nata nel lontano 1945, la Sidney To Hobart si corre ogni anno il giorno di Santo Stefano, il 26 dicembre, su un percorso di 630 miglia sotto la regia del Cruising Yacht Club of Australia con la collaborazione del Royal Yacht Club of Tasmania.

Sidney to Hobart rotta
Gli equipaggi partono quindi dalla città australiana di Sidney dove la presenza di barche a vela nel grande porto della città potrebbe eguagliare quella delle auto, questo perché la vela è un’attività molto sentita in Australia.
La rotta della regata segue un tratto di mare tra i più difficili; il mare di Tasmania, nell’Oceano Pacifico.
Dopo lo start da Sindey, infatti, gli equipaggi fanno rotta verso sud passando per Cape Howe, dove si trova il Cape Howe Marine National Park, un parco marino protetto di circa 4050 ettari.
Da Cape Howe si passa in oceano aperto, passando nella zona che costeggia lo stretto di Bass.

Chiamato Bass, in onore del medico presente a bordo della nave capitanata dall’esploratore britannico che per primo lo attraverò, Matthew Flinders nel 1798, questo stretto è famoso per essere un tratto di mare notoriamente molto agitato a causa della scarsa profondità dove non supera, infatti, i 50 metri di fondale, ragione per la quale le onde sono molto corte e ripide, influenzate anche da forti correnti.

Le imbarcazioni quindi proseguono per raggiungere l’isola Tasmania e tagliare il traguardo, dopo aver passato a Sud di Port Arthur, entrando in Bay Storm (baia tempesta) che dal nome presuppone navigazioni impegnative.
Il traguardo è all’interno di una sorta di fiordo che arriva finalmente ad Hobart.

La Rolex Sidney to Hobart è un appuntamento estivo, siamo infatti nell’emisfero australe dove il Natale si festeggia in spiaggia, che ogni anno porta velisti professionisti e non a sfidarsi in uno dei tratti di mare più imprevedibili ed affascinanti dell’Australia.

La Tattersall Cup: in onore del fair play in mare.

La regata è anche legata ad un trofeo Challenge che ogni anno viene consegnato all’imbarcazione che vince in tempo compensato; la Tattersall Cup.
Assegnato dalla prima edizione del 1945, la coppa fu offerta da William Adams pronipote di George Adams, fondatore delle lotterie Tattersall di Hobart.

La coppa progettata dagli argentieri di Prouds, a Sydney, misura 25 cm di altezza ed è ricca di decorazioni di sirene, foglie di vite e cavallucci marini.
Una vera e propria opera d’arte che venne assegnata alla regata in onore di George Adams, di origini inglesi che arrivò in Australia nel 1855, dove svolse diversi lavori; in una miniera d’oro, in allevamenti di pecore per poi gestire una macelleria e diversi pub.

George Adams era un uomo baffuto con un buon fiuto per gli affari ed avendo iniziato la sua vita in Australia come immigrato senza un soldo, George Adams si distinse per fair play e per un gran senso di eguaglianza.
Per la Rolex Sydney Hobart è quindi naturale assegnare questa coppa in suo ricordo.

Sidney to Hobart regate oceaniche
Dal 1945 la Tattersall Cup è stata vinta da alcuni dei migliori yacht e dei migliori velisti del mondo.
Il primo vincitore fu John Illingworth RN con Rani nel 1945. Per citare altri nomi conosciuti che alzarono il trofeo Tattersall ricordiamo il primo ministro britannico Edward Heath ( Morning Cloud ), il magnate dei media USA e skipper della Coppa America Ted Turner ( American Eagle fino al compianto Sir Peter Blake ( Nuova Zelanda).

Tutti i nomi dei vincitori sono segnati sulla base della Tattersall Cup, come vincitori di una delle regate più difficili del mondo.

LA TRAGEDIA CHE HA CAMBIATO IL CONCETTO DI SICUREZZA

La Rolex Sidney to Hobart però è anche conosciuta per una tragedia che si è consumata nell’edizione del 1998.
Il 26 dicembre del 1998, come ogni anno, la 54° edizione della regata parte accompagnata dai festeggiamenti di rito, con le barche sulla linea di partenza che seguono le procedure tra ingaggi e richieste di precedenze, in una bellissima giornata di sole.
115 iscritti che partono per affrontare la regata che rappresenta l’Australia nel mondo dei grandi eventi velici.

Tutto sembrava rispettare il solito copione, con le barche impegnate nella navigazione con vento in poppa che si mettono in assetto per affrontare le 630 miglia di percorso. Le condizioni meteo erano relativamente tranquille ma la situazione cambia al passaggio presso lo stretto di Bass, dove un fronte depressionario anomalo e velocissimo si abbatte sulla flotta.

Il barometro inizia a scendere velocemente e questo non annuncia nulla di buono e dopo 24 ore dalla partenza, la flotta si trova in una situazione difficile.
“Una tempesta di lampi”, come ricordano alcuni testimoni, apre uno scenario apocalittico. Il fronte depressionario avanza veloce, troppo velocemente, e si scontra con il mare dello stretto di Bass che da origini a onde altissime e ripide.

Una situazione atipica per il periodo estivo australiano.
Alcuni dichiararono fosse una delle situazioni meno prevedibili nella storia della meteorologia, almeno per quanto riguarda la sua evoluzione.

Il vento tocca raffiche fino a 80 nodi – qualcuno leggerà sul display la cifra di 92 nodi –  e in questo inferno molte imbarcazioni decidono di continuare la regata.
Siamo al secondo giorno.
Il mare è sempre più potente e il vento nebulizza l’aria tra onde altissime.
Iniziano le chiamate di emergenza e la situazione diventa difficile sia per gli uomini in mare che per i soccorsi che iniziano a lavorare per coordinare gli interventi.
Barche in difficoltà, disalberate o con impossibilità di governo, si trovano in mezzo ad una delle tempeste capaci di lasciare il segno sugli uomini come sugli scafi.

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L’Australia si troverà ad impiegare ben 35 mezzi aerei e 27 navi per soccorrere gli equipaggi.

La Sideney to Hobart del 1998 si concluse con un vero e proprio bollettino di guerra: sei morti, cinque barche affondate, sette abbandonate, 55 velisti recuperati dai mezzi di soccorso. Delle 115 barche che partirono, 71 si ritirarono e 44 completarono la regata.

I sei marinai che morirono furono: Phillip Charles Skeggs ( Business Post Naiad , annegato, 27 dicembre 1998); Bruce Raymond Guy ( Business Post Naiad , attacco di cuore, 27 dicembre 1998); John Dean, James Lawler e Michael Bannister ( Winston Churchill , tutti annegati, 28 dicembre 1998); e Glyn Charles ( Sword of Orion , annegato, 27 dicembre 1998).

Gli equipaggi sopravvissuti di Business Post Naiad, Winston Churchill e Sword of Orion racconteranno, con il terrore degli occhi, gli avvenimenti che videro la morte e la scomparsa dei loro compagni, visibilità ridotta a pochissimi metri, rumore del mare che copriva le grida a bordo, difficoltà a gestire i danni a bordo e la terribile sensazione di un 360 durante la tempesta.

Il racconto della Sidney to Hobart del 1998 è disponibile in un reportage di 51 minuti su YouTube

Come in ogni situazione, anche per la Sidney to Hobart del 1998 ci fu un’inchiesta che stabilì però l’impossibilità della direzione di gara e dell’ufficio meteorologico di poter prevedere una situazione di pericolo come quella che si verificò nella zona Sud Est dell’Australia.
L’organizzazione della gara affrontò l’emergenza, secondo i resoconti e le interviste, con poca responsabilità diventando un mero osservatore della situazione.

Tanti sapevano, compresi alcuni equipaggi, che una forte depressione si sarebbe abbattuta, ma come sempre viene specificato in questi casi, è sempre responsabilità dello skipper e dell’equipaggio decidere se partire o meno. Tanti infatti pensarono di continuare verso Hobart nonostante il barometro, che si abbassò in pochissimo tempo, avesse presentato una situazione meteo più importante rispetto alle previsioni che venivano annunciate dai bollettini e comunicate ai regatanti alla radio.

Le polemiche intorno a questa 54° edizione della Sindney to Hobart continuano ancora oggi a suscitare illazioni, azioni fatte o non fatte, cose dette o nascoste, che ovviamente non portano a nessuna soluzione se non a discussioni intorno ad una tragedia del mare.

Resta sempre il fatto che, per chi naviga, situazioni come quella accaduta alla Sidney to Hobart del 1998, devono far riflettere su quanto il mare possa dettare legge, sopra ogni cosa e ogni decisione.

Il concetto di sicurezza è decisamente cambiato dopo quell’edizione e le considerazioni nate dall’inchiesta hanno portato alla valutazione di alcuni aspetti che oggi sono diventati punti fondamentali per affrontare regate d’altura.
• I membri dell’equipaggio devono indossare un EPIRB personale quando sono sul ponte in tutte le condizioni atmosferiche.
• Le previsioni meteorologiche specificatamente previste per le flotte di regata dovrebbero contenere non solo i venti medi previsti, ma anche le probabili raffiche di vento e altezze d’onda significative.
• I membri dell’equipaggio dovrebbero avere con sé una luce stroboscopica personale quando sono a bordo in tutte le condizioni.
• Almeno il 50% di un equipaggio in competizione dovrebbe aver completato un corso di sicurezza e sopravvivenza.

Rob Kothe, skipper di Sword of Orion racconta quella terribile notte.

Rob Kothe, lo skipper e proprietario di Sword of Orion racconta la situazione che vissero a bordo prima dell’affondamento della barca.

[Estratto da un articolo apparso nel dicembre 2018, a vent’anni dalla tragedia]
“Sword of Orion, il mio Reichel-Pugh 44 piedi, era tra i favoriti, con un equipaggio esperto che poteva contare sull’esperienza di diverse Hobart. Davanti a noi l’imbarcazione Doctor Rager riferì alla nave Radio Relay che stavamo navigando con 70 nodi, ma il team di Relay non condivise tali informazioni con il resto della flotta, perché l’assistenza esterna non era vietata e le previsioni davano 50 nodi.
Dopo aver riportato la posizione della barca durante la solita comunicazione del pomeriggio, avevo infranto il protocollo informando la flotta che avevamo raffiche di vento a 79 nodi. Dopo la mia comunicazione, circa 30 barche si ritirarono a Eden, evitando così la tempesta davanti a loro. Anche noi stavamo tornando indietro ed eravamo in modalità sopravvivenza, con un’ancora galleggiante già in acqua.
Glyn Charles (campione olimpico inglese. N.d.r.) stava timonando quando la barca è stata colpita da un’onda molto alta che ci ha fatto perdere il timone, e la barca ha perso stabilità. Glyn è stato sbalzato fuori bordo, cadendo in mare. Lo abbiamo visto a 50 metri dalla barca prima che un’onda lo fece scomparire.
Subito dopo abbiamo disalberato con gravi danni allo scafo e alla coperta, tanto da imbarcare acqua. Tre di noi furono salvati in elicottero entro le 21:00 e altri cinque membri dell’equipaggio il giorno dopo, con la luce del giorno. La barca affondò poco dopo.”

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Scritto da
Laura Doria
Laura Doria
Mi chiamo Laura Doria e sono nata al mare, quindi raccontare storie ed incontrare i personaggi del mondo della nautica è qualcosa di naturale per me. Perché è sempre un grande privilegio scrivere della passione che punta la prua verso i grandi orizzonti blu.

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