Chi possiede una barca sa molto bene quanto tempo, quante energie e sì, quanti soldi siano necessari per la manutenzione della propria imbarcazione. Fa parte del pacchetto: essere un diportista non vuol dire solamente navigare, significa anche prendersi cura della propria barca. Per navigare in sicurezza, per avere maggiore comfort, nonché ovviamente per fare durare più a lungo il proprio scafo. E di certo una barca può durare davvero molti anni, passando di generazione in generazione, diversamente da quanto accade solitamente con le automobili. Ma a un certo punto la vita di una barca arriva alla fine: parliamo del momento in cui i danni e le sostituzioni necessarie iniziano ad avere costi proibitivi. A quel punto l’unica soluzione è quella di procedere con la rottamazione della barca, la quale deve essere fatta nel pieno rispetto della legge e, ovviamente, dell’ambiente. Anche perché non avrebbe alcun senso comportarsi in modo sostenibile durante l’intero ciclo di vita della barca, per poi “inquinare” il pianeta con i suoi rottami. Ma quali sono le regole e l’iter da seguire per la demolizione delle barche in Italia? Vediamo come procedere per rispettare la normativa.
Trovare un centro per la demolizione delle barche
Il primo passaggio consiste nel cercare un centro per la demolizione delle barche. Ed è qui la prima nota dolente: in Italia le aziende che offrono questo servizio non abbondano. Ma va detto che i centri specializzati, una volta individuati, offrono un servizio davvero completo, occupandosi generalmente di tutti i passaggi necessari per la demolizione e dello smaltimento di barche in vetroresina, in legno e in metallo. Come funziona? Una volta contattata una ditta che offre tali servizi, questa tendenzialmente organizzerà una visita preliminare, un soppraluogo per raccogliere le caratteristiche chiave della barca da rottamare. Sarà in base a questa prima visita che l’impresa potrà realizzare un preventivo di massima per i costi di demolizione della barca.
Rottamazione delle barche: contattare la Guarda Costiera
Una volta individuata l’impresa che si occuperà concretamente della demolizione della nostra barca, è bene attivarsi anche dal punto di vista burocratico. Il soggetto con cui bisogna mettersi in contatto è la Capitaneria presso la quale in passato la barca in questione è stata immatricolata, per richiedere l’autorizzazione alla demolizione stessa, alla quale dovrà fare seguito l’eliminazione dell’imbarcazione dal registro. La domanda va fatta nel momento in cui si avranno già le idee chiare sulla rottamazione della propria barca: in questa sede infatti dovrà essere indicato il futuro del motore. Se vogliamo demolire il motore, questo dovrà essere specificato nella richiesta, sottolineando che tutte le parti meccaniche verranno prese in carico dalla ditta di demolizione barche; se invece vogliamo rimuovere il motore, per rivenderlo o per usarlo su un’altra barca, dovremmo chiedere specificatamente alla Capitaneria la licenza per lo sbarco del propulsore. Va detto che il costo di questa parte burocratica può variare di provincia in provincia.
Come avviene la demolizione delle barche
Il lato burocratico è stato affrontato, e l’impresa è stata contattata. Come avviene nel concreto la demolizione della barca? Tutto deve essere fatto seguendo passo per passo il piano di demolizione delineato dalla ditta. Ma ovviamente queste operazioni non possono essere fatte in banchina o nel giardino di casa. É la ditta stessa quindi a organizzare il trasporto della barca nella sede scelta, dove tutto dovrà essere preparato per l’attività: di fatto viene creato un cantiere, il quale deve essere opportunamente recintato e predisposto per rispettare la normativa antincendio. Ma non è tutto qui: la normativa prevede per esempio che ci sia presente un wc – eventualmente chimico – per gli operai autorizzati che si occuperanno della demolizione. Per proteggere l’ambiente, sotto la barca deve essere steso un telo in polietilene per raccogliere ogni rifiuto; nel caso della demolizione del motore, sarà necessario aggiungere anche una protezione assorbente, per evitare la dispersione nel suolo di sostanze nocive.
L’impresa demolitrice ha poi il compito di avvisare la Capitaneria di riferimento, specificando quale sarà il giorno dell’avvio dei lavori: è infatti necessario che sia presente sul luogo un ufficiale di rappresentanza, il quale è chiamato a verificare che tutto venga svolto a norma di legge. È un po’ come se venisse avviata una nuova attività: oltre all’avviso alla Capitaneria, l’impresa deve presentare la Denuncia dell’inizio delle attività di demolizione sia all’Inail che all’Inps.
A questo punto è finalmente possibile precedere con la demolizione vera e propria della barca. Gli operai si mettono quindi al lavoro rimuovendo e disassemblando manualmente ogni elemento possibile, avviando parallelamente la differenziazione dei materiali. Ecco allora che vetroresina, legno, vetro, plexiglass, metalli, tessuti e via dicendo vengono raccolti separatamente, per poi essere inviati allo smaltimento. Una volta che della barca non resteranno che scafo e scheletro, entrerà in gioco un macchinario provvisto di pinza demolitrice, per ridurre a pezzi l’imbarcazione.
Lo smaltimento della vetroresina
Come è noto la maggior parte delle barche moderne sono realizzate in vetroresina, ed è quindi questo il materiale maggiormente presente al momento della demolizione delle barche. E di certo questo materiale ha la pecca di non prestarsi agevolmente al recupero o al riciclo: come abbiamo visto nell’articolo dedicato allo smaltimento della vetroresina, attualmente non ci sono processi particolarmente convenienti e sostenibili per recuperare questo composto. Ecco che allora ci si affida alla pirolosi, e quindi a una demolizione termica energivora e costosa. Anche per questo motivo, i costi di rottamazione di una barca tendono a essere alti.
I costi per la rottamazione della barca
Quanto costa demolire una barca? Non poco. Eppure questa è l’unica alternativa che permetta di rispettare sia la legge, sia l’ambiente. I prezzi variano in base alle dimensioni della barca, alla sua tipologia, ai materiali presenti nonché ovviamente in base ai tariffari delle diverse ditte che si occupano della rottamazione delle barche. Per farsi un’idea di massima è possibile pensare che, per demolire una barca, sono necessari poco più di 1.000 euro al giorno, contando la preparazione del cantiere, le ore impiegate dagli operai, l’ausilio di macchinari nonché lo smaltimento dei rifiuti prodotti. Per una barca di dimensioni medie potrebbero essere necessari circa 3 giorni, portando quindi il totale dei lavori al di sopra dei 3.000 euro, somma alla quale vanno aggiunti i costi per il lato burocratico visto sopra. Per barche più grandi, al di sopra dei 13-15 metri, è possibile superare i 5.000 – 6.000 euro complessivi. Ma attenzione: non va dimenticato il costo dello smaltimento della vetroresina, che resta a carico dell’armatore, e non viene quindi incluso nel preventivo della ditta di demolizione: si parla di circa 300-400 euro per ogni tonnellata di vetroresina.
Rottamazione delle barche: cosa è possibile recuperare e vendere
Di certo un diportista che vuole rottamare la propria barca per acquistarne una nuova non accoglie felicemente i prezzi importanti per la demolizione. Eppure questa è l’unica strada che è possibile seguire. Va detto però che in molti casi è possibile “ricavare” qualcosa dalla demolizione stessa. Prima di consegnare la barca alla ditta è possibile per esempio vendere qualche elemento usato, oppure ovviamente recuperare tutto quello che potrà essere usato sulla prossima barca, dai parabordi alle dotazioni di sicurezza. Diversi materiali che verranno recuperati durante la fase di smantellamento potranno essere recuperati e venduti, a partire dai metalli. Giocando bene le proprie carte, è possibile pagare fino a metà dei costi di demolizione proprio “vendendo” parti della barca destinata alla rottamazione.
Per ora nessun incentivo per la rottamazione delle barche
Come è noto per anni tanti diportisti tutt’altro che attenti all’ambiente e alle regole hanno optato per la folle e scellerata strada di “affondare” la propria barca in mare, o di abbandonarla nell’entroterra, pur di non pagare i costi della rottamazione. Tutto questo con grandi rischi sul fronte legale e con conseguenze drammatiche a livello ambientale. Una cosa è certa: così come nel mondo automotive sono previsti degli incentivi per la rottamazione dei vecchi veicoli, così nel mondo del diporto ci si potrebbe aspettare qualcosa di simile, per rendere più invitante il passaggio a barche più sicure e confortevoli, e per incentivare il corretto smaltimento delle vecchie imbarcazioni. Per ora, però, l’unico incentivo conosciuto è quello per l’acquisto del motore elettrico.