Di sicurezza in navigazione non si parla mai abbastanza. Perché è una questione di buon senso, perché la sicurezza in mare non è mai totale, e sì, anche perché negli ultimi anni gli incidenti in barca sono aumentati. Certo, l’attenzione dei media si concentra tipicamente intorno ai sinistri più clamorosi e drammatici – si pensi al tragico affondamento del Bayesian – ma gli incidenti che costellano il Mediterraneo ogni estate sono tantissimi. Il rapporto 2023 di Stb Italia parlava per esempio per il 2023 di 399 eventi da periziare, quando erano stati 417 nel 2022; ma se nel 2022 gli incidenti gravi erano stati 4, nel 2023 se ne sono contati 11. Variano le cause: 56 incidenti erano da riportare alle condizioni meteorologiche, mentre le collisioni tra barche erano state in tutto 126. Guardando questi numeri, molto più alti di quelli di un tempo, verrebbe da pensare a un boom dei sinistri: che i diportisti siano più distratti, meno preparati? In realtà la causa principale potrebbe essere un’altra, legata all’aumento delle barche in circolazione, per via del diffondersi del diporto. Di certo resta però essenziale diffondere la cultura della sicurezza in navigazione, per ridurre al minimo sia il numero che la gravità degli incidenti in barca, causati dal meteo, dalle collisioni, dalla conduzione distratta o poco esperta.
Oggi vedremo quindi quelle che sono le basi fondamentali della sicurezza nautica, spaziando dalla formazione e dalla manutenzione delle dotazioni a bordo per arrivare fino alle principali tecniche di salvataggio nel caso di emergenza in mare.
Non ci sono dubbi: alla base della sicurezza in navigazione c’è una buona dose di formazione, e quindi una raccolta di conoscenze per affrontare al meglio, in modo efficace e rapido, qualsiasi emergenza a bordo. E di modi per accrescere il proprio bagaglio di competenze relative alla sicurezza nautica ce ne sono va detto parecchi.
Di certo la prima modalità è quella “normativa”: è la legge stessa ad obbligare chi intende pilotare delle barche potenti e in ogni caso oltre 6 miglia dalla costa a superare l’esame per la patente nautica, che prevede per l’appunto l’apprendimento delle tecniche fondamentali della navigazione. Qui verrebbe peraltro aggiunto che – per quanto le opinioni siano discordanti – lo stesso patentino D1 recentemente introdotto per pilotare imbarcazioni con motore fino a 115 cavalli potrebbe essere uno strumento per diffondere la cultura della sicurezza in mare.
Ma non ci sono solamente gli obblighi di legge. Il diportista che vuole incrementare le proprie conoscenze e le proprie tecniche di sicurezza in mare può frequentare dei corsi ad hoc: si spazia dai corsi di sopravvivenza per la vela offshore offerti dai più vari istituti per arrivare ai corsi allineati agli standard di addestramento STCW dettati dalla International Maritime Organization (IMO).
Non è tutto qui. Ci sono anche le chiacchierate con i diportisti più esperti, le uscite in barca con chi ha tanti anni di navigazione alle spalle, la lettura di libri scritti da chi ha esperienza in navigazione in situazioni estreme, e via dicendo. Il concetto di fondo è semplice: in fatto di sicurezza nautica non si smette davvero mai di imparare.
Sicurezza in mare: la manutenzione
Il primo essenziale pilastro della sicurezza in navigazione è come abbiamo visto rappresentato dalla formazione, e quindi dal bagaglio di competenze necessarie per affrontare al meglio ogni emergenza, piccola o grande. E di certo questi saperi aumentano con l’esperienza, e dunque con le ore e le giornate spese in mare. Viceversa, con il passare del tempo diminuisce tendenzialmente la sicurezza degli oggetti con cui ci troviamo a navigare: i componenti del motore si usurano, le giunture si allentano, i metalli si corrodono, i tessuti si cuociono al sole, l’umidità si infila in ogni dove.
Si capisce quindi che il secondo pilastro della sicurezza in navigazione è costituito dalla manutenzione, di tutto quello che è con noi in mare. Si parte ovviamente dalla cura regolare della barca, dal motore allo scafo, per passare ovviamente a quelle delle prese a mare, delli oblò, degli impainti e via dicendo.
Si parla poi ovviamente della manutenzione delle dotazioni di sicurezza vere e proprie, intese nel modo più largo possibile. Ecco che allora è necessario revisionare la zattera di salvataggio (laddove obbligatoria, sapendo che con le novità del Codice della nautica 2024 ci sono state importanti modifiche per quanto riguarda l’obbligo di zattera a bordo) e controllare le condizioni dei giubbotti di salvataggio, della linea di sicurezza e così via. È poi necessario allargare lo sguardo, accertandosi per esempio che la pompa di sentina (o le pompe) siano perfettamente funzionanti, e che quindi tutti gli apparati della barca che potrebbero servire in caso di emergenza siano efficienti ed accessibili.
Prima delle tecniche di salvataggio: cosa controllare prima di salpare
Per garantire un alto grado di sicurezza in mare è necessario quindi avere un diportista competente e una barca regolarmente e attentamente sottoposta a manutenzione. A queste basi fondamentali di partenza è bene aggiungere a questo punto i controlli da effettuare d’abitudine prima di mollare gli ormeggi, per un’uscita di qualche ora lungo la costa o ancora di più per una tappa di una lunga crociera.
Sapere di avere una barca in buone condizioni non è infatti sufficiente per garantire un alto livello di sicurezza in navigazione. A influenzare anche pesantemente questo aspetto ci sono infatti anche degli agenti esterni, a partire ovviamente dal meteo: prima di mollare gli ormeggi è sempre infatti prezioso controllare le previsioni meteorologiche, usando a questo scopo i bollettini ufficiali, le app per smartphone, gli aggiornamenti via VHF, le previsioni online, e via dicendo. Ciò sapendo che il diportista navigato non manca mai di lanciare uno sguardo all’orizzonte e uno alla superficie del mare, per cercare sintomi di tempeste in arrivo.
Cosa è bene controllare inoltre prima di salpare per un’uscita in sicurezza? Di certo è consigliabile dare un’occhiata veloce alle dotazioni di sicurezza, per sincerarsi che siano tutte al loro posto e facilmente raggiungibili: dei giubbotti di salvataggio nascosti in fondo a un gavone sono potenzialmente inutili, così come una zattera di salvataggio difficile da raggiungere può trasformarsi in una tragedia.
Il diportista saggio inoltre dà un’occhiata ai serbatoi: prima di tutto a quello del carburante, per avere la certezza di avere – qualsiasi siano le condizioni meteorologiche – sufficiente combustibile per fare ritorno; e poi a quello dell’acqua potabile, per sincerarsi che ci siasufficiente acqua dolce a bordo (pur sapendo che sempre più barche installano a bordo un desalinizzatore).
Non guasta inoltre controllare le che batterie siano in forma, nonché infine sincerarsi di avere attivato le “connessioni giuste”: a terra sanno dove stiamo andando? Abbiamo tutti i mezzi e le informazioni del caso per contattare chi di dovere in caso di bisogno?
Ecco, queste sono i passaggi da fare prima di mollare gli ormeggi: possono bastare davvero pochi minuti, ma sono proprio questi istanti di attenzione che possono fare la differenza.
A questo punto ci si dovrebbe sentire estremamente sicuri: tutto è in ordine per una navigazione senza rischi. Senonché questa non esiste davvero, non al 100%. Una collisione causata da un altro diportista, una tempesta imprevista e quasi impossibile da evitare, una disattenzione che causa un incendio a bordo, un piccolo difetto di fabbrica che si trasforma in un serio problema: l’emergenza purtroppo è sempre dietro l’angolo.
Per questo motivo il diportista che si allontana in modo significativo dalla costa dovrebbe essere sempre pronto ad affrontare le più diverse situazioni, imparando a ripassare mentalmente i passaggi per rispondere tempestivamente alle più diverse problematiche: esercizi mentali come questi, uniti a delle effettive esercitazioni a bordo (utilissime in caso di lunghe crociere o traversate) sono sicuramente consigliabili. Un classico per esempio è quello di prepararsi per fronteggiare una falla, ripassando i passaggi da affrontare in base alla grandezza e alla posizione.
Il diportista esperto e pronto attiverà immediatamente le pompe per evacuare il più velocemente possibile l’acqua, per poi mettersi al lavoro per localizzare la falla e bloccarla dall’interno, utilizzando quello che si ha a disposizione. Si parla ovviamente di turafalle, di coni di legno, ma anche di cuscini, di vestiti, di stucco, o persino di cemento a presa rapida.
Altre volte ancora l’unica soluzione è quella di abbandonare immediatamente la barca, affidandosi alla zattera di salvataggio. E qui entrano in gioco le più disparate tecniche di sopravvivenza, pur sapendo che nella maggior parte dei casi l’intervento dei soccorsi sarà rapido.
E se così non fosse? Chi si sta preparando per traversate in mari remoti dovrebbe certamente incrementare le proprie conoscenze in fatto di sicurezza in navigazione e di tecniche di sopravvivenza in mare. Sapevi per esempio che tanti naviganti si allenano nel tempo a “sopportare” piccole dosi di acqua di mare, per poterla bere con “meno problemi” in caso di naufragio? E sapevi che “spremendo” i pesci è possibile ricavare del liquido prezioso per evitare la disidratazione?
Sicurezza nautica: cosa fare con un uomo in mare
Infine, parlando di sicurezza durante la navigazione, non si può dimenticare il capitolo dedicato alle principali tecniche di salvataggio in mare. Il rischio principale da considerare qui è quello dell’uomo in mare, e quindi di un navigante caduto in mare per una disattenzione, per un urto accidentale o per un’onda. Certo, la prevenzione è fondamentale, tra giubbotto salvagente e life-line.
Ma cosa fare nel momento in cui qualcuno cade effettivamente fuoribordo? Nel tempo sono state sviluppate diverse tecniche di salvataggio in caso di man overboard, ma di fatto i primi passaggi sono sempre uguali: in una barca con più persone nell’equipaggio, il primo ad accorgersi della cosa dovrà gridare per l’appunto “uomo a mare”; la stessa persona – o qualcun altro – dovrà assumere il ruolo di spotter, senza quindi fare altro che tenere d’occhio la persona in mare, continuando a puntare il dito verso di essa, per avere la certezza di non perderla. Un’altra persona deve lanciare il prima possibile un salvagente, per permettere alla persona caduta – se cosciente – di avere un aiuto al galleggiamento.
A questo punto – o parallelamente alle azioni precedenti – si aziona il motore per riportarsi sul luogo della caduta. Può essere ovviamente preziosa, soprattutto in caso di velocità importanti, la funzionalità MOB dei più recenti GPS nautici, per avere cognizione del punto esatto della caduta. Entrano poi in gioco le diverse manovre per il recupero a mare, sulle quali bisognerebbe esercitarsi nel tempo: la figura a 8, il quick stop, e via dicendo.
Queste sono le basi fondamentali della sicurezza in navigazione, unite a un alto livello di attenzione e di prudenza: tutto parte, lo rimarchiamo ancora una volta, da formazione e manutenzione!