Come smaltire la vetroresina

Com’è cambiato il mondo della nautica nel giro di un secolo! Pensiamo ai primi decenni del secolo scorso: il diporto era ancora una piccola nicchia, e la produzione degli scafi era un lavoro artigianale, con barche costruite in legno, in lega leggera o eventualmente in acciaio. Ma come sappiamo, aggirandoci oggi tra le banchine di un qualsiasi porto turistico, gli scafi realizzati con materiali diversi dalla vetroresina sarebbero non la norma, quanto invece l’eccezione, talvolta quasi del tutto assente. E fin qui, nessun problema, in quanto i vantaggi di questo materiale sono effettivamente enormi. Ma anche la vetroresina ha i suoi difetti: verrebbe subito da pensare all’osmosi. C’è però qualcos’altro, un elemento ben più negativo. Si parla infatti del difficile smaltimento della vetroresina, un materiale che non sembra prestarsi agevolmente né al riciclo, né al recupero. E in un’epoca in cui la coscienza ambientale – per fortuna – sta aumentando velocemente, in un mondo che si trova a fronteggiare i cambiamenti climatici causati proprio dall’uomo, ci si rende conto che riuscire a smaltire la vetroresina in modo efficace e su grande scala è una sfida che dobbiamo assolutamente vincere. Dunque, quali sono le soluzioni effettivamente presenti per lo smaltimento della vetroresina delle barche?

Perché la vetroresina?

Abbiamo visto che un tempo le barche erano fatte con tutt’altro materiale. Solo alla metà del secolo scorso la vetroresina è comparsa sul mercato, rivoluzionando il settore. Da una parte, questo materiale è arrivato proprio nel momento un cui il mondo del diporto iniziava a esplodere; dall’altra, è stata proprio l’introduzione della vetroresina, che ha consentito la produzione di barche su scala industriale, a permettere questo grande balzo in avanti del settore.

Ma perché questo materiale composito – realizzato con fibra di vetro e resina, come suggerisce il nome – ha soppiantato tutte le alternative in così breve tempo? Prima di tutto per le sue particolari caratteristiche. Parliamo infatti di scafi che diventano più leggeri, più resistenti, più elastici, in una parola: migliori. E ancora, dal lato della produzione c’è il fatto che le aziende costruttrici di barche hanno potuto affidarsi non più a rare figure specializzate come i maestri d’ascia, quanto a una manovalanza meno qualificata: con la vetroresina subentrano infatti gli stampi, semplificando di parecchio il lavoro – in serie – dei costruttori. Ecco, per questo usiamo la vetroresina, un materiale che è diventato la regola in tempi in cui poco o per nulla – propendiamo per la seconda – si pensava alla sostenibilità. Ma i risultati, oggi, si vedono.

Smaltimento vetroresina: tutt’altro che facile

Oggi nel mondo ci sono migliaia di carcasse di vecchie barche in vetroresina. E c’è l’enormità del numero della barche che sta arrivando a fine vita: uno studio della Commissione UE di qualche anno fa stimava che sulle 6 milioni di barche al di sotto dei 22 metri di lunghezza attualmente presenti in Europa, circa l’1-2% sta arrivando alle ultime miglia, pronto per essere dismesso. Questo significa che, praticamente, ogni anno 80mila barche arrivano a fine vita, senza avere un metodo efficace per smaltire la vetroresina. Perché le cose stanno proprio così: attualmente, nella maggior parte dei casi, questo materiale non viene smaltito, non viene riciclato. E questo è assolutamente insostenibile, soprattutto pensando al fatto che un buon 20% delle barche presenti in EU (i famosi 6 milioni di cui prima) ha più di 40 anni di età: il rischio concreto è quello di ritrovarsi con migliaia di tonnellate di vecchia vetroresina inutilizzabile, anche perché uno scafo di un’imbarcazione media pesa da solo più di una tonnellata.

E i costi per lo smaltimento della vetroresina della barca, oggi, sono quasi proibitivi: si calcola che per una barca di 15 metri siano necessari più di 15mila euro, praticamente 1.000 euro al metro. Ecco perché il mondo è pieno di carcasse di barche abbandonate, ed ecco perché tanti balordi hanno deciso di affondare la propria barca ormai inutilizzabile, una delle forme più stupide di inquinamento dell’ecosistema marino.

smaltire gli scafi in vetroresina delle barche

I metodi per smaltire la vetroresina

Vediamo un po’: esistono dei metodi concreti per lo smaltimento del vetroresina? In teoria e anche in pratica sì, ma i costi sono tali da non prenderli sempre in considerazione. È per questo che, nella maggior parte dei casi, solo una piccola fetta della barca viene riciclata (tra il 10 e il 20%) laddove invece il resto, ovvero principalmente lo scafo in vetroresina, viene semplicemente mandato in discarica. Dove si ammucchia, o dove viene girato all’inceneritore. Nessuna delle due strade è particolarmente rosea. Vediamo quindi le opzioni attuabili per lo smaltimento della vetroresina:

  • L’ossidazione termica della vetroresina: qui si procede con la combustione degli scafi, cosa che può portare a due risultati vantaggiosi: da una parte il calore necessario per andare ad alimentare delle turbine, oppure eventualmente dei forni industriali; dall’altra, la possibilità di utilizzare le fibre incombuste nell’edilizia, per esempio per fare cemento. Ma ci sono degli svantaggi notevoli: un po’ perché il processo genera comunque cenere da portare in discarica, un po’ perché il calore effettivamente generato dalla combustione non è particolarmente alto, un po’ perché il processo è costoso e non proprio a impatto zero.
  • Triturazione della vetroresina: in questo secondo caso non si usa la combustione. Si opta invece per la macinazione degli scafi, al fine di ottenere dei pezzettini molto piccoli o persino delle polveri, per un riutilizzo della totalità del materiale. Anche questa strada non è esente da problemi, in quanto con la macinazione vengono meno gran parte delle proprietà della vetroresina: non si può usare il materiale risultante per costruire altri scafi, per dire. Tale prodotto viene quindi usato nell’edilizia.
  • Pirolosi della vetroresina: un processo un po’ più complesso degli altri, che porta alla decomposizione chimica della vetroresina, così da recuperare diversi tipi di sostanze. Da questo processo si recuperano infatto il pyro oil (da mescolare ad altri combustibili o all’asfalto), il pyro gas (un combustibile pulito) e un sottoprodotto di tipo solido. Questa lavorazione è però costosa, dovendo portare gli scarti a temperature decisamente alte.
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Smaltimento vetroresina: qualcosa si muove

Visto tutto questo, viene naturale sottolineare quanto sia importante mantenere in vita le nostre barche, con una buona manutenzione regolare, nonché attraverso il refitting quanto necessario e possibile, sapendo peraltro che è nella maggior parte dei casi possibile la riparazione della vetroresina. Al di là degli sforzi del singolo, è però assodato che la vita di una barca non può essere infinita, e che lo smaltimento della vetroresina deve diventare realtà.

E qualcosa in tal senso si è già mosso. Pensiamo ad Aper, un’organizzazione francese senza scopo di lucro che si occupa proprio del riciclaggio delle barche in Europa, e che è al lavoro dal 2009. In Giappone è in piedi un programma di riciclaggio degli scafi che ha già 17 anni, contando su circa 40 smantellatori e 9 aziende di trasformazione della vetroresina.

E se diverse realtà stanno cercando e offrendo un rimedio a quanto è già stato fatto, altre cercando invece di eliminare il problema alla radice per il futuro, con dei cantieri che stanno lavorando per introdurre materiali sempre più sostenibili nelle proprie barche: un caso eccezionale è lo svedese Ryds båtar, le cui barche contengono il 20% di vetroresina riciclata.

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Scritto da
Nicola Andreatta
Nicola Andreatta
Copywriter dal 2014, trentino dal 1987. La passione per la nautica è nata sulla prua di una piccola barca a vela sfrecciante nel lago di Caldonazzo: da allora è continuata a crescere, insieme alla sempre presente voglia di imparare - e condividere - qualcosa di nuovo su questo affascinante mondo.
  1. Articolo interessante, desidero portare la mia esperienza. Ho acquistato in Francia un’imbarcazione da diporto nuova, e sulla fattura di acquisto c’è una voce di costo per lo smaltimento futuro della barca. Non mi risulta che ciò avvenga anche in Italia.
    Ma ho una domanda, se oggi dovessi avere della vetroresina proveniente da un’imbarcazione da smaltire, come devo comportarmi? Dove devo andare?
    Grazie

    • Buongiorno Sandro, grazie per averci scritto. Probabilmente la via più celere è rivolgersi a un’azienda specializzata nello smaltimento di barche, pur sapendo che, in piccole quantità, la vetroresina viene considerata come rifiuto speciale, e può quindi essere conferita eventualmente ai normali centri di raccolta: è però necessario leggere di volta in volta i diversi regolamenti dei centri locali.

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